tributi all'impero

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stella rossa
00domenica 16 ottobre 2005 12:08
12/10/2005
Le basi Usa a nostro carico, così l'Italia paga i marines
di Marco Mostallino
marco.mostallino@gds.sm
Sconti su bollette e trasporti, contributi in denaro contante per centinaia di milioni. Da La Maddalena ad Aviano la mappa delle servitù salatissime. Il caso. Il 37 per cento delle spese militari «di stazionamento» è a carico del governo italiano.
Le nostre tasse per le basi degli Usa pagati ogni anno centinaia di milioni

Lo Stato italiano paga ogni anno il trentasette per cento dei costi delle basi (Aviano, La Maddalena, Sigonella e altre) e dellele truppe americane di stanza nel nostro paese: risulta dai documenti ufficiali di bilancio delle forze armate Usa, del Dipartimento della difesa e del Congresso (il Parlamento) degli Stati Uniti. Nel 1999 il tributo versato da Roma a Washington è stato pari a 530 milioni di dollari (circa 480 milioni di euro), mentre nel 2002 i contribuenti italiani hanno partecipato alle spese militari americane per un ammontare di 326 milioni di dollari. Tre milioni sono stati dati in denaro liquido, il resto sotto forma di sgravi fiscali, sconti e forniture gratuite che riguardano trasporti, tariffe e servizi ai soldati e alle famiglie. La maggior parte dei pagamenti, si legge nelle carte ufficiali del Governo di Washington, nascono da «accordi bilaterali» («bilateral agreements» nei testi originali) tra Italia e Stati Uniti, il resto viene dalla divisione delle spese in ambito Nato.
Il metodo di prelievo si chiama «burden-sharing» («condivisione del peso») ed è illustrato nel “Nato Burdensharing After Enlargment” pubblicato nell'agosto 2001 dal Congressional Budget Office (Ufficio per il bilancio) del Congresso. Vi si legge (capitolo III, pagina 27) che i comandi militari Usa stimano che grazie a questi accordi soltanto per le opere e i servizi nella base di Aviano «i contribuenti - (taxpayers) - americani hanno risparmiato circa 190 milioni di dollari».
Quanto all'impegno complessivo del nostro fisco verso gli Usa, il documento chiave è il Report on Allied Contributions to the Common Defense (rapporto sui contributi degli alleati alla difesa comune), consegnato nel marzo 2001 dal Segretario alla difesa (il ministro) al Congresso degli Stati Uniti. Alla pagina 6 della sezione I si legge quanto segue: «Italia e Germania pagano, rispettivamente, il 37 (l'Italia) e il 27 per cento dei costi di stazionamento di queste forze (le forze armate Usa, ndr)».
Nel rapporto “Defense Infrastructure” consegnato nel luglio 2004 al Congresso da parte dell'Ufficio governativo per la trasparenza, a pagina 18 si legge che «diversi Paesi europei forniscono vari tipi di sostegno da parte delle nazioni ospitanti. Per esempio, nel bilancio 2001, Germania e Italia hanno dato i maggiori contributi, valutati rispettivamente in 862 e in 324 milioni di dollari». Si tratta, spiega il rapporto, di contributi diretti e indiretti «aggiuntivi rispetto a quelli della Nato».


Intesa bilaterale. In caso di dismissioni di basi Roma deve risarcire Washington per «l'investimento»
Il sito militare chiude?C'è anche l'indennizzo

I pagamenti di denaro italiano agli Stati Uniti non finiranno nemmeno nel caso - ipotetico, visto che La Maddalena si rafforza - di chiusura di basi e installazioni nel nostro Paese. Nei patti siglati dai governi di Roma e Washington esiste infatti una clausola chiamata “Returned Property - Residual Value”, anch'essa documentata negli atti ufficiali del Congresso americano. Il meccanismo - tutt'ora in vigore e confermato da carte di quest'anno - è ben illustrato nella testimonianza che il colonnello Dean Fox, capo del Genio dell'Aviazione Usa in Europa, rilasciò ai parlamentari degli Stati Uniti l'8 aprile del 1997. «Il ritiro (delle truppe, ndr) e la conseguente restituzione di alcune ex basi degli Stati Uniti alle nazioni ospitanti ha creato l'opportunità per gli Stati Uniti di reclamare il valore residuale come risarcimento degli investimenti statunitensi». È un diritto al pagamento delle “migliorie” apportate dalle forze armate Usa a territori che avrebbero avuto prima un valore inferiore. Gli accordi variano. Quelli con l'Italia sono descritti alla pagina 17 delle “osservazioni preliminari” del rapporto che l'Ufficio della Casa Bianca per la trasparenza (il Goa) ha consegnato al Congresso nel luglio del 2004: «Italia: gli accordi bilaterali stabiliscono che se il Governo italiano riutilizza le proprietà restituite entro tre anni (dalla restituzione, ndr), gli Stati Uniti possono riaprire le trattative per il valore residuale». Ciò comporta, oltre al pagamento dell'indennizzo, un vincolo per il riuso delle terre, perché in questo caso il rimborso aumenta. È vero che le intese prevedono anche che gli Usa paghino alla nazione ospitante i danni ambientali: ma in un rapporto della Commissione governativa per le basi militari all'estero (9 maggio 2005) si legge che finora questi costi sono risultati «limitati». Marco Mostallino


Dal Giornale di Sardegna del 10-10-2005
www.gds.sm
stella rossa
00domenica 16 ottobre 2005 12:13
13/10/2005
AI LAVORATORI E AI CITTADINI ITALIANI LE BASI USA COSTANO CARE


E così quello che sospettavamo ha trovato conferma nella denuncia del parlamentare Mauro Bulgarelli: i nostri soldi – i soldi dei lavoratori e dei cittadini italiani – contribuiscono, per centinaia di miliardi di euro l’anno, alle spese per il mantenimento delle basi USA in Italia. Esistono accordi segreti bilaterali che hanno resistito nel tempo alle legislazioni passate e ai governi di centrodestra e centrosinistra. Con il governo Berlusconi lo stanziamento finanziario è gradualmente aumentato nel tempo, ma con il passato governo D’Alema il “contributo” dello Stato italiano è stato molto più consistente.


Viene da pensare al crescente grado di militarizzazione del territorio italiano in funzione delle strategie di “guerra infinita” USA, alle esercitazioni nucleari e ai pericoli per la vita delle popolazioni e all’inquinamento ambientale, ai pesanti condizionamenti sulle istituzioni pubbliche nei territori, al ruolo delle basi nelle aggressioni e nei bombardamenti di altri paesi, alle azioni “sporche” antiterrorismo. Il sequestro di Abu Omar nel 2003 e le torture subite nella base di Aviano da parte di agenti dei servizi segreti statunitensi, ci convince sempre di più sulla necessità di cercare di imporre la messa all’ordine del giorno dell’agenda politica nazionale la questione delle basi militari, il superamento di tutti i segreti e l’uscita dell’Italia dalla condizione di paese a “sovranità limitata”.


Viene da pensare al lavoro di indagine del magistrato milanese Guido Salvini che ha svelato al paese e raccontato alle commissioni d’indagine parlamentari il ruolo svolto dalle basi militari USA e Nato negli attentati terroristici degli anni ’60 e ’70, gli anni della strategia della tensione, di gladio, delle stragi fasciste.


Vuoi vedere che, noi lavoratori e cittadini italiani, abbiamo pagato le bombe e abbiamo finanziato le stragi?

Può sembrare un paradosso, una asserzione assurda e incredibile, ma questo pensiero deve convincerci ancora di più della necessità di rafforzare la mobilitazione contro la guerra e le basi militari.


Il nuovo progetto di legge di Mauro Bulgarelli per la desecretazione di tutti i documenti coperti dal segreto di Stato, dopo quello per l’indizione del referendum sulle smilitarizzazione del territorio italiano, è un ulteriore strumento di battaglia politica che il movimento no-war ha a disposizione in sintonia con le aspettative della maggioranza degli italiani.


''COMITATO NAZIONALE PER IL RITIRO DEI MILITARI ITALIANI DALL’IRAQ''
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