Racconto: Dark Memories

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K4oS
00domenica 28 marzo 2004 20:48
Visto che i vampiri vanno di moda, ho deciso di risploverare un vecchio racconto su un vampiro.

Quando nacqui nella sperduta valle di Triblik era una notte
tempestosa. Mi hanno raccontato che nubi spesse si addensarono
oscurando il cielo e scatenarono un acquazzone che ruppe gli argini
del torrente e allagò i campi. Le donne piangevano nelle case e gli
uomini combattevano contro il fango che invadeva il terreno. I lampi
si abbatterono su alcune case che presero a fuoco. E venni al mondo
io. Il più indesiderato tra i mortali. Le donne urlarono quando mi
videro. Dissero che quel giorno era maledetto e io sarei stato un
cattivo presagio per il villaggio. Da quel momento vissi inviso agli
uomini nel disprezzo generale.
Avevo cinque anni quando accadde. Una nube nera penetrò nel
villaggio. Una nube mortale. Urlavano tutti. Li vidi cadere ai miei
piedi come mosche. Si contorcevano al suolo mentre le viscere
fuoriuscivano dalle loro pance. Distesi a terra con gli occhi
dilatati mi guardavano. E mi odiavano perché non condividevo il loro
triste destino. Vidi i miei fratelli contorcersi in mezzo a pozze di
sangue e bestemmiare il mio nome. Mi chiamavano progenie del demonio.
Poi un uomo si avvicinò a me. Un uomo alto e scuro. Potente. Mi prese
in braccio. Io ero contento. Mai nessuno lo aveva fatto prima. Mi
guardò negli occhi e mi accarezzò il capo con la sua mano grande. Poi
mi portò via mentre i miei occhi vedevano ancora sangue e sofferenza.
Passai un'adolescenza felice nel castello di Zaresky. Lui si prese
cura di me come se fossi suo figlio. Mi insegnò a combattere e
cavalcare. Era affettuoso. Mi spiegava tante cose e sapeva tutto. Io
ammirato lo ascoltavo mentre parlava. Era come se possedesse tutta la
sapienza del mondo. Lui sapeva trovare una spiegazione anche a quei
fatti che i dotti non riuscivano a comprendere. Quando compii i miei
diciotto anni mi insegnò a praticare la magia nera. Mi disse che era
venuto il momento di possedere il vero potere. Il potere della vita e
della morte. Il sacro arbitrio. Mi portò nel suo studio e lì rinnegai
la potestà divina e strinsi patti con i demoni dell'inferno. Loro
giurarono di mettere a mia disposizione i loro poteri. Io passavo
un'esistenza felice. Fin quando il mio padre adottivo non mi chiamò
con aria preoccupata. Disse che era giunto il momento di morire anche
per me. Inizialmente non capii quello che voleva dire. Poi mi
condusse alla torre più alta e mi mostrò le terre circostanti. Una
schiera di villani armati di forconi e fiaccole premevano contro il
nostro rifugio. I crociati, servi della chiesa, già sfondavano il
portone. Entrarono in casa. Abbatterono tutte le porte mentre
appiccavano il fuoco ai nostri libri. L'uomo che mi aveva adottato li
affrontò. Ne uccise molti con la sua mortale magia ma fu costretto a
soccombere. Mentre agonizzava disteso sul pavimento pronunciò il suo
ultimo incantesimo. Mi bagnò col suo sangue e mi disse che sarebbe
stato di nuovo accanto a me. Questa fu l'ultima cosa che vidi. Poi
una picca mi si infilò nello stomaco squarciandomi le carni e
recidendo i miei organi.
Quando mi risvegliai era tutto nero. Provai a muovermi ma non potevo.
Ero come chiuso in una cassa. Istintivamente portai una mano allo
stomaco. Ero completamente guarito. Pensavo di essere morto. Vivevo
ed ero morto. Ero stato condannato alla vivente morte. Quegli esseri
stupidi e sciocchi avevano pensato di averci ucciso. Fu per loro una
sorpresa quando la bara dove mi avevano rinchiuso si aprì e io mi
avventai su di loro succhiandogli il prezioso liquido vitale. La loro
stoltezza, la loro cieca fede sarebbe stata causa delle loro
sventure. Mi allontanai dal cimitero. Sotto forma di nebbia verde attraversai il loro villaggio mentre ignari riposavano. Non avrei
ucciso loro. No. Avrei ucciso i loro figli. Ciò che loro amavano di
più. Come loro avevano ucciso mio padre. L'uomo che mi aveva amato di
più. Mi stabilii nella palude vicina. Dormii tra le radici di un
grande albero mentre ripetevo voce alta le ultime parole del mio
genitore per farmi coraggio: "Sei nato per dominare questi stolti
esseri plebei, tua è la conoscenza, il potere, la vita eterna. Io
sarò sempre con te". I demoni quella notte vegliarono sul mio sonno
tenendo lontani gli uomini.
Mi sentivo solo, terribilmente solo. Rinnegato dai miei stessi
genitori, abbandonato dal mio amato padre, disprezzato dagli uomini,
costretto a uccidere per sopravvivere.
Non avrei mai più ritrovato la felicità che mi era stata così
crudelmente negata. Avverso destino! Mi aveva fatto venire al mondo
per essere maledetto, per morire e per tornare in vita nuovamente,
per diventare un essere immondo che striscia nelle tenebre per
evitare la luce del sole. Ero un vampiro. Maledissi tutto il genere
umano che mi aveva costretto a questa vita infame.
Per me quelli furono giorni di sangue e vendetta. Terrorrizzavo
interi paesi, sterminavo famiglie, uccidevo il bestiame. L'unica cosa
che mi galvanizzava era sentire il gusto del rosso liquido vitale.
Tuttavia la mia esistenza mi riservava ancora qualche sorpresa.
Accadde una notte di Gennaio, durante una mia incursione notturna.
Vagavo in cerca di vittime, nascondendomi tra le ombre, in attesa di
un viandante tardivo o di un straniero abbastanza stolto da aggirarsi
da solo di notte. Aspettavo celato, pregustando il piacere
dell'aggressione, la gioia dell'omicidio, il gusto della vendetta.
Potevo già sentire l'odore del sangue, i miei muscoli erano tesi, i
miei sensi tanto acuti da poter percepire anche il minimo movimento.
Potevo sentire chiaramente le contrazioni del mio cuore, i battiti
accellerare appena percepivo un minimo movimento. Tutto il mio corpo
si preparava alla lotta, le gambe pronte a scattare, la mano che
impugnava la lama fremeva per colpire e raggiungere il cuore
dell'ignare vittima. Già immaginavo una lotta furiosa contro un forte
avversario. È più dolce il sapore della vittoria quando il nemico è
tenace. Ma contrariamente alle mie previsioni non fu un avventuriero
o un fuorilegge ad attraversare la strada che spiavo in cerca di
preda, ma una fanciulla. Inizialmente rimasi deluso. Credevo di poter ingaggiare un impegnativo duello per poter sfruttare al meglio le mie
capacità, invece mi trovavo di fronte ad una donna. Il mio sconforto
durò un attimo, in realtà ero stato fortunato, poichè il sapore del
sangue delle donne è migliore. Scattai in avanti preparandomi a
colpire apparendo davanti alla mia vittima. Prevedevo le sue
reazioni: meraviglia, terrore, dolore, poi la morte. Un grido acuto,
un gorgoglio soffocato e il silenzio, erba sporca di sangue, luna che
si fa assassina, notte dalle mille spire, una donna che muore.
Ancora una volta mi sbagliai. La ragazza prima mi osservò con
un'espressione sorpresa poi mi sorrise. Un sorriso, un sorriso per un
essere che non sarebbe mai dovuto nascere. Un sorriso luminoso,
sincero, caldo. Rimasi paralizzato. Ci fissammo negli occhi per un
momento che mi sembrò un'eternità. Poi fuggii diventando una cosa
sola con le tenebre.
Il mio sonno fu turbato da quell'incontro. Perchè una ragazza mi
aveva sorriso? Aveva sorriso a me? A un essere che si era macchiato
di tanti omicidi, che aveva fatto strage dei suoi simili per il gusto
della vendetta e dell'omicidio? A una creatura che fugge la luce per
nascondersi nelle tenebre? Era forse un sorriso di scherno? O di
compassione? Disprezzava la mia situazione e mi derideva con quel
sorriso prima di morire? E perchè avevo indugiato? Avrei dovuto
ucciderla e bere il suo sangue del resto questo era il mio proposito.
Però da quando avevo assunto la forza del vampiro il mio istinto non
era stato mai ingannato. Se mi ero trattenuto sicuramente c'era un
buon motivo. Avevo voglia di reincontrare quella donna. Di ammirare
di nuovo il suo sorriso. Del resto l'unica cosa che mi era rimasta in
mente di lei era la forma delle sue labbra.
Mi recai nel posto dove l'avevo vista il giorno precedente. Era una
supposizione stupida ma credevo di trovarla lì. Non sapevo spiegarmi
il perchè. Ne ero sicuro. Sapevo che mi stava aspettando.
Era splendida illuminata dalla luce della luna piena. Rimasi nascosto
ancora un po' per osservarla meglio. I suoi grandi occhi blu
fissavano le stelle e quasi potevo vedere una parte del cielo
riflessa in lei. Un naso appuntito e le sue labbra che ben ricordavo
chiuse in un'espressione imbronciata. Le mani unite all'altezza del
ventre, liscie e ben curate si torcevano ansiose. E i suoi capelli
neri e lunghi splendevano illuminati da quella luce eterea.
Aspettava qualcuno, ne ero certo. Ma chi? Ero venuto là convinto di trovarla, ed avevo avuto ragione ma non sapevo se stesse aspettando
proprio me. E perchè aspettare proprio me? Un vampiro? Un essere
temuto dai mortali? Sicuramente stava aspettando il suo giovane amore
o un ricco amante che la manteneva in cambio di qualche ora di svago,
lontano dalla moglie e dalle chiacchiere dei paesani. Tuttavia quello
era il mio bosco, la selva del vampiro e nessuno si avvicinava lì se
non per estrema necessità o per darmi la caccia. I giovani sono
spesso sventati e impudenti però nessuno avrebbe commesso la follia
di entrare nel mio territorio così alla leggera solo per una notte
d'amore.
Seguendo questo ragionamento decisi di mostrarmi. Appena lei mi vide
distolse lo sguardo dal cielo stellato per guardarmi e di nuovo
sorrise. Anch'io la fissai. Non ricordo se ci parlammo, o se
comunicammo solo con gli sguardi. Ricordo solo il suo abbraccio, il
profumo dei suoi capelli, il calore delle sue labbra. Facemmo
l'amore. Il suo corpo era caldo e abbronzato, a differenza del mio
freddo e bianco, che mi ricordava di essere già morto una volta. Ma
in quel momento mi scordai di essere un vampiro. Il falò di quei
momenti sciolse il ghiaccio del mio cuore. La lasciai mentre dormiva. Tra pochi minuti sarebbe sorto il sole.
Non potevo restare più a lungo, rischiavo di morire, definitivamente.
Lasciai un fiore accanto a lei. Era ancora un bocciolo ma all'alba si
sarebbe schiuso. Ero sicuro che avrebbe capito.
Ero di nuovo felice. Per me quella ragazza dal sorriso luminoso era
diventata la sola ragione di vita. Sapevo che non poteva durare in
eterno. Io avevo ricevuto il dono dell'immortalità, ma lei era ancora
legata ad un'esistenza effimera e governata dal fato. Potevo donargli
il mio stesso privilegio, ma l'avrei fatto solo se ella me l'avesse
chiesto. Desideravo la sua felicità, una felicità che consiste per i
mortali in un'infanzia tranquilla, uno sposo amorevole, dei figli
devoti e una morte serena. Quella stessa felicità che a noi, esseri
immortali figli delle tenebre, e' da sempre negata. Forse ci
attendono compiti e soddisfazioni maggiori, ma anche se le mie
possibilità sono al di sopra di quelle di qualsiasi uomo, io invidio
la loro vita, la loro serenità, le loro sicurezze fatalistiche. Ho
avuto il privilegio di guardare nei misteri più profondi della
creazione, ma questa conoscenza ha solo permesso che io potessi
spargere una scia infinita di sangue e dolore. Per lei rinunciai anche al sangue. Senza il vitale nutrimento potevo
continuare a sopravvivere, ma le mie capacità erano ridotte a quelle
di un normale umano. Il sangue è vita, il catalizzatore più potente,
il mezzo per aprire le porte ad altri mondi, ma non è il numtrimento
necessario ad un essere già morto. Rinunciai volentieri alle mie
possibilità sapendo ella felice di amare qualcuno che non si
macchiava più di orrendi delitti. Mi chiedevo quando tutto questo
sarebbe finito. Presto i suoi genitori l'avrebbero obbligata ad
accettare le proposte di matrimonio di un partito facoltoso. Di nuovo
mi tornava in mente la sciocca logica umana che pone al di là dei
sentimenti i beni materiali. Rinunciavano alla loro anima non per
amore di una conoscenza superiore, ma solo per un vantaggio effimero
e materiale. Ecco perchè nutrivo disgusto per gli uomini e ritenevo
giusto cibarmi del loro sangue. Ma lei e il suo sorriso sempre
luminoso, le sue parole prive di preoccupazioni mi tranquillizzavano.
Esistevano anche uomini che meritavano di vivere e di essere
apprezzati, uomini guidati dalla loro intelligenza illuminata, loro
conoscevano le trame del fato così come le conoscevo io. Che esseri
meravigliosi. Pur conservando la loro anima e la loro felicità
giungevano a un livello superiore di conoscenza. E anche la mia
amante, nel suo piccolo, apparteneva a quel genere di uomini.
Però solo l'oscurità e la morte sono eterni. Tutto quello che era
stato faticosamente costruito era destinato a crollare,
inesorabilmente. L'edificio dei nostri inganni cominciava a creparsi.
I suoi genitori erano preoccupati. Lei non guardava nessuno dei
giovani, eppure era in età di matrimonio, non confidava alle sue
amiche l'identità dell'uomo che amava. Ma anche per lei era giunto il
tempo di avere una famiglia.
Tutto accadde una notte. Come al solito la aspettavo nel luogo dove
avvenivano i nostri incontri. Ella non venne. Non mi preoccupai.
Sapevo che i mortali potevano aver spesso degli inconvenienti,
soffrire e stare male per delle malattie. Io ne ero sempre stato
preservato in quanto fin dalla mia nascita recavo il marchio dei
figli delle tenebre. Tuttavia cominciai a inquietarmi quando passata
già una settimana non avevo avuto sue notizie. Così decisi di andare
al paese travestito da pellegrino, e informarmi sui recenti
avvenimenti. Se ci fosse stato bisogno avrei potuto curarla di
nascosto ricorrendo alle mie conoscenze. Misi in atto il mio piano. La luna illuminava il mio cammino e l'erba alta frusciava smossa dal
vento producendo un suono armonioso. Infine giunsi alla mia meta. Un
muro di rozzi tronchi divideva il villaggio dal resto della radura.
Il portone era ancora aperto ed entrai. Sentivo un odore piacevole
spandersi nell'aria. Un odore di pane fragrante e di cibi cotti che
ormai da tempo avevo dimenticato. Mi recai dunque alla locanda, dove
secondo logica si sarebbe dovuto recare un normale viaggiatore.
Aperta la porta che dava su una stanza grande e accogliente fui
investito dal calore del focolare. Era da tempo immemore che non
provavo più quelle sensazioni. Un letto caldo, un camino acceso, un
bicchiere di vino vicino al fuoco. Evitai di perdermi in
quell'idillio e cercai di recuperare le informazioni che volevo. E
proprio lì in quello che fino a poco tempo fa avevo considerato un
angolo di paradiso, si ridestò tutto il mio odio e il mio disprezzo
per i mortali.
Venni messo al corrente di tutta la verità. Un gruppo di persone
racontava la triste storia. La donna che amavo era stata già promessa
in sposa al figlio di un ricco mercante, ma lei aveva rifiutato di
sposarlo. Nessuno in paese capiva le ragioni della giovane. Il suo futuro marito era un ragazzo ricco e onesto ed oltrettutto aveva un
aspetto nobile e bello. I genitori di lei la incalzarono finchè non
fu costretta a confessare le sue ragioni credendo che l'avessero
lasciata libera di lasciare il paese e di andare a vivere con me.
Disse di amare l'uomo che dimorava nella selva, e che a lui solo
aveva dato il suo amore. Ormai era una fiore sbocciato. La sua
confessione provocò l'effetto opposto. I paesani la definirono
perversa e corrotta, avrebbe provocato l'ira di Dio se non fosse
stata eliminata. Fu uccisa barbaramente, con un palo di legno
conficcato nel cuore. La cercai nei dintorni del paese finche non la
trovai distesa in mezzo all'erba alta. Quegli uomini crudeli non
avevano neanche seppellito i suoi resti, l'avevano lasciata in pasto
alle bestie. Per fortuna il suo corpo era ancora immacolato a
eccezzione dello squarcio nel cuore e del sangue che aveva macchiato
le sue vesti. La presi in braccio. Le avrei dato la sepoltura che le
era stata negata.
Sembrava che i miei passi risuonassero fortissimi sul sentiero di
terra battuta. Quando mi inoltrai nel fitto della vegetazione sentii
ancora una volta il canto degli spiriti del bosco. Suonavano i loro strumenti di foglie e di pietra. Io solo potevo capire il significato
di quei suoni che gli uomini ritenevano semplici rumori del bosco.
Avevo parlato con loro ed ero riuscito ad ottenere la loro amicizia.
Ora suonavano per me una canzone di sangue e di vendetta, promettendo
un sepolcro inviolabile per la donna che amavo. Mi guidarono fino al
luogo che avevano scelto per custodire le spoglie mortali della mia
amante. Deposi il suo corpo tra l'erba circondata da pietre il cui
significato non poteva essere conosciuto dai mortali. Poi bevvi il
suo sangue. Avevo bisogno delle forze necessarie per vendicare la sua
morte e instaurare un legame con quegli spiriti desiderosi di
aiutarmi nella mia vendetta. Quella notte i rami degli alberi,
l'erba, i giunchi flessibili, si piegarono verso di me e si
ricoprirono di sangue.
Sono passati diversi giorni da quando ho distrutto il villaggio. Al
suo posto ora sorge una distesa di fiori, gli stessi che donai a lei
dopo il nostro primo incontro. Di nuovo mi ritrovo solo. Ma non lo
sarò a lungo. Li sento. Sento i loro passi. Si stanno avvicinando,
sicuri dietro le loro armi e i loro simboli di fede. Sono venuti per
stanare il vampiro, l'essere delle tenebre. Loro deboli creature mortali! Forse un giorno potrò ritrovare mio padre a abbracciare di
nuovo la mia donna. Ma adesso non c'è tempo per pensare.
È tempo di combattere, è tempo di morire.









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