Oriana Fallaci? no, Alberto Ronchey...

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Slobodan
00mercoledì 14 dicembre 2005 16:04
I PREGIUDIZI E LA VERITÀ

Arabi e Occidente: la storia non si può disfare

Gli arabi mediorientali, nordafricani o trasmigrati, manifestano un diffuso vittimismo, denunciando pregiudizi occidentali spinti fino allo spregio della loro antica civiltà. Che c' è di vero? Certo, l' aggressivo panarabismo di qualche decennio e da ultimo il terrorismo di Al Qaeda non potevano contribuire alla minima conciliazione tra costumi tanto diversi. Riguardo al passato, gli arabi non dimenticano il colonialismo europeo. Da parte nostra, non dimentichiamo che gli arabo- islamici avevano invaso l' Europa, come del resto altri popoli, e anzi erano venuti come antagonisti della cristianità con la loro visione del mondo. Eppure, non abbiamo cessato mai di esprimere un ammirato rispetto per l' età d' oro dell' Islam. Come tutti sanno, quegli arabi non portarono in Europa solo eserciti, ma il sistema numerico e nozioni di tecnica della navigazione, astronomia, medicina, cultura ellenistica. Nemmeno i nostri più elementari manuali scolastici trascurano di ricordare Avicenna e Averroè. Ancora di recente, su questo giornale, uno scienziato ricordava che il termine algoritmo deriva dal matematico Al- Khwarizmi e la voce algebra viene da un suo libro, «Al Jabr wa-al-Muqabilah». A quell' età seguì, tuttavia, il plurisecolare declino, variamente spiegato dagli storici. Fu poi lo stesso Gamal Abdel Nasser a darne atto, giudicando l' ultimo capitolo della loro storia in un celebre discorso pronunciato nel dicembre 1958 per il giubileo dell' università del Cairo: «Il popolo arabo non ha partecipato a due sviluppi fra i più importanti che hanno segnato il destino dell' umanità moderna, quelli successivi alle invenzioni della macchina a vapore e dell' energia elettrica... Finora noi abbiamo vissuto sulle invenzioni e sulle idee altrui...». Avrebbe potuto aggiungere che agli occidentali si dovevano, inoltre, la scoperta e l' uso del petrolio, come dominante risorsa energetica della modernità. Ma Nasser continuava così: «Non è più possibile gloriarsi per aver salvaguardato la scienza e la civiltà mentre l' Europa era sommersa dalle tenebre del Medioevo, per trasmetterne l' eredità più tardi, all' alba del Rinascimento, e cadere a nostra volta in un sonno profondo...». Eppure il risveglio arabo, dalla metà del ' 900 in poi, s' è limitato a ben poco. Ha promosso le drammatiche ma vane guerre contro Israele, considerando il sionismo solo come un avamposto dell' imperialismo postcoloniale. Ha decretato il sequestro del canale di Suez, senza vantaggi paragonabili all' azzardo. Ha tentato, in Egitto come in Algeria, prove di socialismo «dal volto arabo-islamico» risalendo alle incerte dottrine dei primi califfi, un precario capitalismo di Stato frammisto a residui feudali nell' ambito d' un frustrato nazionalismo. Tuttora, malgrado risorse naturali come le rendite petrolifere dal Medio Oriente al Nord Africa, rimane in quelle società vincolate da prescrizioni fideistiche un' arretratezza inconvertibile alla modernità economica e sociale, forse per carenza del razionalismo necessario secondo interpretazioni persistenti da Max Weber a Maxime Rodinson. Ora, il panarabismo islamista di Bin Laden vorrebbe demolire con lo stragismo terrorista il potere politico, economico, scientifico e tecnologico degli occidentali. Non è questo il significato primario degli attentati a New York, Madrid, Londra? Lo sgomento che provoca non deriva solo dall' efferatezza dei mezzi, ma dalla paranoica insensatezza del fine: disfare la storia.
Alberto Ronchey
Corriere della Sera,09-12-2005
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