Mao:La ricerca affannosa dell'eternità(comunista)nobilita il momento passeggero.

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Slobodan
00sabato 22 luglio 2006 17:02
Rogo suicida a piazza Tien Anmen
Protesta di un contadino migrante disperato per non essere stato pagato. In Cina milioni nelle sue condizioni aspettano 12 miliardi di salari arretrati


Un uomo di 53 anni si è dato fuoco ieri mattina in piazza Tien Anmen per protestare contro il ritardato pagamento dei suoi salari. L'immenso spazio bianco nel cuore di Pechino, spesso prescelto come luogo di clamorose proteste, è uno dei più sorvegliati della Cina e i poliziotti sono subito accorsi per spegnere le fiamme che cominciavano ad alzarsi dal corpo. L'uomo è ora ricoverato in ospedale e le sue condizioni sono stabili. Di lui non si ha neppure il nome. Dalla notizia diffusa dall'agenzia ufficiale Xinhua si sa solo che è un contadino originario della provincia dell'Hubei venuto nella capitale «per appellarsi alle più alte autorità affinché lo aiutino a ricevere i salari arretrati».
Negli stessi giorni in cui le cronache sono ancora una volta piene dei record di crescita dell'economia cinese, che continua ad avanzare a tassi dell'11,3% nonostante i tentativi del governo di «raffreddarla», la drammatica manifestazione di protesta che ha avuto luogo ieri mattina sembra avere dell'incredibile. Invece i salari non pagati per mesi, o non pagati affatto, sono una piaga che affligge mortalmente i lavoratori cinesi, vittime di «imprenditori» senza scrupoli ai quali il ruolo di padroni toglie ogni freno inibitore quando si tratta di sfruttare persone sprovvedute e ignare, la maggior parte delle quali spesso è arrivata da poco dalla campagna. Le stesse fonti ufficiali hanno calcolato che la somma complessiva degli arretrati dovuti ai lavoratori cinesi si aggira intorno ai 12 miliardi di dollari, cifra spropositata che assume veridicità se si tiene conto che la popolazione migrante in Cina è di circa 120 milioni di persone, di cui l'80% vive, o meglio sopravvive a stento, nelle città e che le angherie ai loro danni sono un fenomeno diffusissimo, anche per il razzismo che la «gente di città» esprime nei loro confronti. Come dimostra la decisione del Provveditorato centrale di formare classi «differenziali» per i figli dei contadini. E comunque nelle grandi metropoli già avere un maestro è un miracolo visto che le famiglie dei migranti per la burocrazia non esistono né per la scuola né per la sanità.
Comprensibile è allora la rabbia e la disperazione. Una settimana fa, un minatore dell'Hunan si è fatto saltare in aria in una stazione di polizia del Guangdong dopo avere inutilmente chiesto che lo aiutassero ad essere pagato. Nel corso del 2004 erano ripetuti i suicidi di operai edili che si lanciavano dall'alto dei palazzi appena costruiti.
Non che manchino le leggi di tutela, come rileva il sindacalista dissidente Han Dongfan, che sul China Labour Bulletin da lui diretto elenca le normative in atto: la legislazione del lavoro, la legge sui sindacati, la legge per la sicurezza dela produzione, nonché regolamenti per i contratti collettivi e le trattative salariali. Ma è puro enunciato, come la retorica ideologica dell'economia socialista di mercato. In ogni caso dalla protezione sono esclusi i più poveri e deboli, quelli ai quali non viene fatto firmare neppure un contratto e che restano in balia di sfruttatori conniventi con autorità e forze di polizia locali profondamente corrotte.
I sindacati ufficiali, che non hanno peraltro mai messo in campo una volontà vera di proteggere tutti, anche perché il governo centrale teme che troppa «regulation» spaventi gli investitori, sbandierano vittorie isolate. Tuttavia l'autolesionismo sembra arretrare per far posto alla coscienza dei propri diritti. Secondo le statistiche ufficiali, mentre nel 1987 le cause di lavoro in Cina sono state 5.600, quelle registrate nel 2004 sono arrivate a 260mila. Quanto alle petizioni e lagnanze all'autorità centrale se tra il 1979 e il 1982 furono 20mila, nel solo 2005 se ne sono attuate 30 milioni.
stella rossa
00giovedì 27 luglio 2006 19:40


una degna risposta la trovi sui marciapiedi delle città italiane (e non solo).

quante rumene, polacche, ucraine, etc. godono delle meraviglie del capitalismo!!!


di certo non si danno fuoco in piazza, ma....come dire, diversa reazione dinnanzi ad un identico problema, datore di lavoro ( stato o libertaria multinazionale) che non paga gli stipendi.

al massimo si può discutere su quale delle due reazioni sia la più dignitosa.....


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