Lietta Tornabuoni

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ugo.p
00mercoledì 12 gennaio 2011 03:59
Anche se , come spesso accade con i critici cinematografici, a volte non condividevo le sue analisi, Lietta Tornabuoni era fra le mie letture cinematografiche preferite. Inanzitutto perche' tutti la potevano capire, chi la cultura davvero ce l'ha ( come lei) non ne fa sfoggio, e poi per il suo tono pacato, mai violento; ormai raro anche fra chi scrive di cinema.
Fra i tanti commenti postati sul sito dell'Espresso ( dove la Tornabuoni scriveva) ne ho letto uno che mi ha colpito per la sua semplice verita':".....il miglior critico di cinema in Italia, perchè quando la leggevi ti veniva voglia di vedere il film...."
Credo che le avrebbe fatto piacere leggerlo.
Addio R.I.P. [SM=x875398]
ugo.p
00mercoledì 12 gennaio 2011 04:09
ecco il "coccodrillo" de La Stampa
Il giornale su cui ha scritto per circa 40 anni.

...Il suo vero nome era Giulietta, e avrebbe fra qualche mese compiuto ottant’anni: era infatti nata a Pisa il 24 marzo 1931 sotto il segno dell’Ariete da un’antica famiglia aristocratica, figlia di un militare e sorella di Lorenzo, noto pittore. Si era sposata giovanissima e trasferita a Roma, dove aveva intrapreso appena diciottenne la carriera giornalistica, che è stato sempre il suo vero grande amore. E' stata testimone dei fatti nazionali e internazionali più importanti degli ultimi cinquant’anni, dall'attentato terroristico alla squadra israeliana alle Olimpiadi di Monaco 72 fino al sequestro e omicidio di Aldo Moro, fatti che raccontava con meticolosa attenzione per i dettagli e sintesi fulminante del giudizio.
Aveva cominciato la professione nel 1949 a «Noi Donne», il settimanale dell'Udi, passando nel 1956 a «Novella», poi all'«Espresso»e all’«Europeo». Alla Stampa era arrivata nel 1970, dove ha continuato a lavorare fino a oggi, tranne un breve intervallo dal 1975 al 1978 al «Corriere della sera». Tra i suoi libri: «Sorelle d’Italia», «Album di famiglia della tv», «Era Cinecittà», dove raccontava la "grande famiglia" del cinema, e l’annuale appuntamento di «Al cinema», il volume che periodicamente raccoglieva le sue recensioni. Era critico cinematografico del nostro giornale dai primi Anni 90, aveva raccolto il testimone dal grande amico Stefano Reggiani: le sue recensioni asciutte e puntuali coglievano sempre il senso profondo dei film. Indimenticabili i suoi ritratti dei grandi del cinema che aveva conosciuto, come quello, tra gli ultimi, della sceneggiatrice Suso Cecchi d'Amico scomparsa in agosto. Non si faceva problemi ad alternare il mestiere del critico a quello del cronista, guardava la realtà con curiosità inesausta e affettuoso disincanto, senso dell'umorismo tutto toscano e severo rigore sabaudo, prima di tutto con se stessa. Una gran signora del giornalismo italiano.
(RAFFAELLA SILIPO)

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