La simbologia degli angeli

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spirit angel
00lunedì 9 gennaio 2006 21:45
Quando nella bibbia si parla della torre di Babele che fu costruita dagli uomini per toccare Dio si dice anche della perdita di un linguaggio comune e l'impossibilità di capirsi tra uomini delle varie. E' dunque semplice capire l'allegoria che superbia e egocentrismo hanno portato l'umanità ad una divisione e di conseguenza ad un bisogno d'analisi.


Per poter tornare alla normalità si può pensare che solo ritrovando un idioma unico e una perfetta intesa si possa riconquistare l'armonia andata persa e l'immediatezza della comprensione.

Ecco perchè la simbologia è la chiave per interpretare il significato più nascosto di tutto ciò che esiste andando oltre a ciò che è esteriore.

Ma perchè ciò abbia luogo è neccessario aver affinato se stessi e aver ingentilito l'anima con la più profonda delle scoperte:
LA NOSTRA ORIGINE DIVINA.

Se ciò non avvenisse si rischierebbe di decodificare il simbolo soltanto superficialmente e spesso in modo sbagliato e .


Solo il discernere lo spirito infatti fa in modo che l'intuizione sia qualcosa che permetta d'attingere alla conoscenza .

Purtroppo oggi, in una società calcolatrice, ove nulla è lasciato al caso ci riteniamo troppo "evoluti" perdare ascolto agli antichi insegnamenti.

Essi infatti contenevano in se il significato profondo che l'uomo aveva per il mondo, quel mondo creato da dio per le sue creature e che può essere compreso solocon strumenti astratti e spirituali.


Il REBIS

Termine Alchemico nato alla fine del XVII secolo, per indicare l’Androgino (dal greco andros-uomo e gynè-donna).

L'Alchimia è l'arte per mezzo della quale nell'antichità, nel medioevo e ancora nel XVI e XVII secolo, si credeva di poter convertire i metalli in oro e di comporre medicamenti atti a guarire ogni malattia.
Spiritualmente indica il cammino che ogni individuo deve compiere per trasformare la propria umanità (metallo), in Essenza, puro Spirito (oro).
E' la rappresentazione dell'Essere Spirituale che ha raggiunto la perfezione: l'Unione, l'Armonia tra i principi maschile e femminile ("...quando il duo sarà uno sarete tutt'uno con il Padre mio che è nei Cieli"), il risultato finale dell'alchimista.



L'Androgino indica l'Unità Originaria, la condizione dell'umanità prima della caduta iniziale .In questo stato di perfezione, che coincide con la stessa natura di Dio, risiedono tutte le diverse manifestazioni del reale . Il concetto di androgino si ritrova sia nella filosofia greca (Platone, Simposio), sia nei testi biblici (Libro della Genesi), nell'imagine allegorica della coppia adamitica prima della separazione di Eva dalla costola di Adamo. Nella mitologia classica l'Androgino assume le spoglie di ermafrodito, l'ibrido divino nato dall'amore di Ermes e di Afrodite (Mercurio e Venere). Per i suoi attributi di Potenza e di Sapere universale (in tutte le tradizioni esoteriche la forma più alta di Conoscenza è la ricongiunzione degli opposti nell'Unità Originaria), l'Androgino è sempre accompagnato come il sole e la luna, l'acqua e il fuoco, l'oro e l'argento; è portatore della Gnosi Iniziatica e dell'Amore Cosmico.



Il Rebis è stato raffigurato in diversi modi. Qui a lato: “Androgino nell'Alchimia” (di Rosarium Philosophorum- Arnaldo da Villanova XVl secolo), si trova l’albero Cosmico o Universale che nasce in un giardino sorvegliato da draghi e serpenti e su cui crescono frutti preziosi d’argento e d’oro. Nell'immagine dell’albero è simboleggiata la vita, i frutti, le nostre azioni, i draghi e i serpenti invece, un ambiente difficile con pericoli e prove da affrontare, quindi, il Rebis rappresenta la riuscita sulle difficoltà, il superamento delle prove, la purificazione interiore attraverso il dolore e l'Unione finale. Sempre nella stessa raffigurazione vi è anche il pellicano che (dopo essersi ferito), nutre i piccoli con il sangue che sgorga dal suo petto; è la rappresentazione dell’Amore altruistico e del sacrificio di se'. Infatti l’iconografia cristiana ne ha fatto uno dei simboli più importanti del suo Insegnamento, perché ricorda il Cristo sulla Croce, immolatosi per noi e trafitto al costato da cui sgorgava sangue ed acqua (dal significato esoterico molto rilevante: l'Immanenza e la Trascendenza).




spirit angel
00lunedì 9 gennaio 2006 21:50
il labirinto
Il labirinto è la rappresentazione di quel viaggio tortuoso e periglioso che è la nostra vita, che può e diviene viaggio e percorso iniziatico quando l’uomo decide di cercare la soluzione ai problemi spirituali.

Diviene in questo caso un cammino all’interno di sé stessi, nello sforzo di superare ostacoli sempre maggiori. Nel medioevo cristiano questa spinta alla ricerca della scintilla divina in noi viene infatti rappresentata dalla “Quest”, la ricerca, dove il nobile cavaliere si avventura in territori fantastici, combatte contro avversari mostruosi, ed infine riceve il premio frutto del suo coraggio.

Una delle più conosciute è la ricerca del Santo Graal, dove dopo un cammino di purificazione e liberazione, come un autentico pellegrinaggio, il premio in attesa di essere acquisito viene trovato.






Il più famoso dei labirinti appartiene alla mitologia greca, ed è quello fatto costruire da Minosse a Cnosso, grazie all’arte di Dedalo.
All’interno del labirinto, imprigionato, attendeva il Minotauro (mostruoso frutto del tradimento di Pasifae, moglie di Minosse), che verrà ucciso da Teseo con l’aiuto di Arianna, che grazie ad un filo fornito da quest’ultima ritroverà la via d’uscita.

Qui il Minotauro sta a rappresentare l’istintualità animale dell’uomo, le forze basse, collegate alla terra, al piano fisico, i nostri desideri, le brame peggiori; nel profondo del nostro essere vi è qualcosa che è necessario uccidere per poter passare oltre, per giungere ad un livello superiore.

Quanti pensieri affollano la nostra mente ogni giorno?
Una miriade, per lo più scoordinata, di cui non ricordiamo nemmeno la provenienza ed il risultato. Pensieri che si susseguono in un andirivieni di curve ed angoli e che, come nel labirinto di Minosse, si perdono nelle pieghe della nostra mente. Occorre, quindi, il filo d’Arianna che ci tragga in salvo, cioè la Forza, il Discernimento, la Saggezza che ci portino a dominare e a convogliare gli stessi perché, quando non sono controllati, prendono strade impreviste e spesso senza via d’uscita.
Molte volte noi siamo imprigionati in schemi mentali che ci impediscono di affrontare lucidamente i problemi ed ecco che allora, all’uomo comune e privo di fede, ogni ostacolo appare insormontabile e la vita con i problemi che la quotidianità sempre riserba, ci sembra un vero e proprio labirinto in cui districarsi risulta impossibile.
Occorre quindi elevare i nostri pensieri e modi di concepire; avremo così una visione più chiara (perché dall’alto) e troveremo il giusto equilibrio e il corretto egresso da situazioni che prima ci apparivano irrisolvibili.
Ed ecco che quindi il filo di Arianna è l’aiuto divino, la Provvidenza, ma anche la rappresentazione delle Virtù, le sole capaci di difenderci dai trabocchetti tesi dal nemico.
Per vincere e riuscire nell’Impresa la nostra Fede ed il nostro Proposito devono essere certi e altrettanto salda deve essere l’Umiltà; rischieremmo altrimenti di fare come Icaro, le cui ali lo hanno si portato ad alzarsi, ma le poco salde virtù e la superbia lo hanno portato a nuova precipitazione.






Tra le diverse e più famose raffigurazioni di labirinti, vi è certo quella sul mosaico pavimentare della cattedrale di Chartres, splendido esempio di stile gotico francese.

Come tutte le maggiori cattedrali racchiude un universo di significati simbolici, autentico omaggio dei Filosofi al Grande Architetto, sapientemente dimostrato dall’utilizzo delle proporzioni, dalla ripetizione della sezione aurea pitagorica (1,6180339…) in ogni sua forma e costruzione e dall’importante utilizzo della luce.

Il labirinto, composto di pietre di opposto colore, bianco e nero, rappresenta il dualismo, la conflittualità della natura umana, la lotta tra gli opposti principi, maschile/femminile, sole/luna, ed ha qui lo stesso significato del pavimento a scacchi delle logge massoniche.
Le pietre bianche sono 365, quelle nere 273, ed i rispettivi numeri fanno riferimento al calendario solare e lunare (i giorni dei 13 mesi dell’anno lunare sono 27,3; e 27 giorni sono anche quelli del ciclo femminile).
Il diametro è di dodici metri ed il percorso al suo interno è di duecento, le sue proporzioni sono le stesse del rosone centrale del lato occidentale.


Altri labirinti sono ad Amiens, nel duomo di Lucca, Pavia, Cremona, ad insegnarci come la vita dell’uomo debba essere necessariamente tortuosa, affinché dalle sofferenze si possa imparare ed evolvere, di piano in piano, sino a quando un giorno raggiungeremo la Vetta dell’Assoluto, e finalmente, raggiunto il Centro troveremo la pace ed il riposo dal lungo cammino.






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00lunedì 9 gennaio 2006 21:54
Il tetramorfo
L’etimologia del nome deriva dal greco tetra (quattro) e morfos (forma), mentre l’origine del simbolo proviene dell’antica immagine dei cherubini dalle teste zoomorfe e da elementi iconografici egizi e assiro-babilonesi.

I “Quattro esseri viventi” citati nell’Apocalisse accanto al Trono dell’Altissimo e divenuti simbolo degli Evangelisti, derivano dalle creature dal quadruplice aspetto (tetramorfo) descritte dal profeta Ezechiele nel racconto della sua visione.
“Avevano sembianza umana, ma ciascuno quattro volti e quattro ali. Le loro gambe erano diritte e i piedi simili agli zoccoli di un bue, lucenti come bronzo fuso. Di sotto le ali, ai lati apparivano mani d’uomo; tutti e quattro avevano lo stesso aspetto e identiche ali. Il loro aspetto era: davanti d’uomo, di leone a destra, di bue a sinistra e di aquila dietro.”






Ireneo di Lione (fine del II secolo) ha per primo collegato il quaternario con i Vangeli, segnalando come il leone esprima il concetto della regalità, il bue del sacrificio, l’uomo dell’incarnazione e l’aquila dello Spirito che sorregge la Chiesa.

E’ stato invece san Gerolamo (fine del IV secolo) ad associare gli “animali” agli Evangelisti:
Il Vangelo di Matteo inizia con l’incarnazione ed è simboleggiato dall’angelo o uomo, probabilmente perché egli insiste, con la genealogia, sull’umanità di Gesù; Marco comincia con la figura del Battista, “Voce di uno che grida nel deserto”, potente e solitaria come il ruggito di un leone; Luca pone l’accento sul tema del sacrificio sopportato da Zaccaria reso muto per la sua incredulità, pertanto gli si addice il bue o toro; Giovanni, infine, compie con il suo Prologo al Vangelo, un volo spirituale talmente alto e con vista acuta simile a quello di un’aquila.
Essendosi tutti e quattro gli apostoli occupati dei fatti inerenti al Cristo, è significativo come le ali siano la comune caratteristica indicante l’alta spiritualità della testimonianza.
Nelle tradizioni esoteriche a queste figure vengono associate particolari qualità sapienziali: l’Uomo alato rappresenta l’intuizione della Verità; il leone, il fuoco, la forza e il movimento; il bue, la terra, la resistenza e il sacrificio; l’aquila infine, l’intelligenza e l’azione.







Il tetramorfo è rappresentato inoltre molto bene dalla Sfinge con volto d’uomo in Egitto, che rappresenta il Faraone (famoso monumento quello di Al-Ghizah) e di donna invece, quella greca, figlia della Chimera e di Ortro o di Tifone.

Per la mitologia essa abitava sul monte Citerone e proponeva il famoso enigma a tutti i viandanti che, se non lo avessero risolto, sarebbero stati mangiati da questo mostro quadriforme.

L’indovinello era questo:
Qual è l’animale che il mattino cammina con quattro zampe, a mezzogiorno con due e la sera con tre?

I tebani promisero la signoria della loro città a chi lo avesse decifrato.
Edipo lo svelò così:
Questo animale è l’uomo, che nel mattino della vita (da bimbo), cammina con le mani e con i piedi, a mezzogiorno (nell’età adulta), cammina con due e la sera (quando è vecchio), cammina col bastone.
La Sfinge si uccise. Edipo divenne re di Tebe.

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00lunedì 9 gennaio 2006 22:00
L'Ouroboros
L’Ouroboros, o serpens qui caudam devorat, in più culture, è il simbolo assoluto del Tempo, nell’eterna perfezione dei suoi cicli, che nell’alchimia e nell’ermetismo, circoscrive l’assioma greco: UNO IL TUTTO (En to pan); proprio ad evidenziare il fatto, che ogni cosa è soggetta a Dio, Infinito ed Eterno Signore dei tempi, Centro e Circonferenza dell’intero creato.

Ogni cosa, sulla terra ed oltre, ha i suoi cicli ed i suoi tempi:
le stagioni, le rivoluzioni dei pianeti e degli astri attorno al sole o ad altri sistemi, i fenomeni chimici e fisici, quelli matematici ed i processi intellettuali; così come gli aspetti psichici, che accompagnano la crescita e lo sviluppo dell’uomo e delle sue facoltà.
Ed infine, il ciclo dell’anima umana, che dai cieli infiniti, una volta precipitata, attraverso numerosi cicli reincarnativi, ritorna nell’Infinito (pur non essendone mai uscita), partecipe della grandezza del Padre.
Infatti, così come tutto, nel creato, rispetta e segue determinate Leggi, anche l’uomo, essendone parte, non esula (per logica) da questo armonico movimento.
Le sostanze di cui è composto, una volta che l’anima ha abbandonato la materia, ritornano al loro stato primario di elementi, per poi riformarsi, una volta che un’anima ritorni nel ciclo reincarnativo terrestre, per divenire nuovamente corpo.

Il dio Saturno, che i Greci definiscono Chronos, veniva raffigurato come un vecchio, che tiene nella mano destra una falce, e nella sinistra l’Ouroboros: ogni cosa ha un’alba e un tramonto, così come l’ultimo mese dell’anno raggiunge il primo, per poi ripartire nuovamente senza distacco.
Semina e mietitura, sono aspetti senza interruzione di continuità, poiché dalla pianta vengono generati i semi che nuovamente segneranno la nuova rigenerazione.
Il fatto che il serpente sia un’animale che di continuo ringiovanisce, grazie alla muta della sua pelle, ne fa maggiormente un simbolo di rinnovamento e cambiamento.
La Natura, maestra, come la definiscono gli alchimisti, è perenne esempio di questi fenomeni di ciclicità, che agli attenti osservatori non possono sfuggire ne lasciare privi di un senso di stupore e di ammirazione, così come nel racconto Sioux, dove il saggio pellerossa, sulle placide rive del lago, scopre che l’acqua evapora grazie al Sole (immagine del Grande Spirito, Motore di tutto), per poi ridiscendere nuovamente sotto forma di pioggia e portare nuova vita; proprio come l’anima dell’uomo nel grandioso ciclo delle sue esperienze.
Ed ecco perché, anche nella cultura degli indiani d’america, il cerchio è simbolo sacro dell’Infinito e di Dio, basti pensare alla “Ruota di Medicina”, perno dell’immenso potenziale spirituale di questo nobile popolo.
Anche il sole, con tutte le sue valenze, appare come un cerchio nel cielo.








Nella simbologia alchemica, l’Ouroboros è anche e soprattutto, l’immagine di un processo (necessario al raffinamento e facente parte dell’Opera) che una volta concluso si ripete, attraverso le 4 fasi (come le stagioni e i punti cardinali) dell’Operazione: riscaldamento, evaporazione, raffreddamento e condensazione.
Ecco perché il simbolo è spesso, nei libri di alchimia, raffigurato da due emblemi: uno superiore, il drago alato, segno della volatilità ed uno inferiore, segno della fase terrestre.
Vengono anche alle volte rappresentati, metà neri e metà bianchi, sinonimi dell’armonia fra gli opposti, così come il sole e la luna, il maschile e femminile segnano due semicerchi nella volta celeste nel corso del loro movimento, Yin–Yang, Zenit e Nadir, ecc.

Negli antichi misteri egizi raffigura l’anello di congiunzione fra le quattro divinità cosmiche: Sithis, Iside, Osiride e Horus.
Il fatto di divorarsi la coda, (oura “coda” e boros “divorante”) sta a significare come la continuità sia conseguenza necessaria del movimento.

L’Ouroboros, veniva, nell’antichità, rappresentato diviso in dodici parti, come i mesi dell’anno, per imprimere maggiormente il senso del Tempo, presente nella materia;
non è poi un caso che, anche gli orologi, abbiano forma circolare e siano divisi in dodici quadranti, quasi a mostrare, ancora una volta, la continuità e la ciclicità che il poderoso simbolo indica.







Per gli Adepti delle scienze occulte ed alchemiche, il serpente che si morde la coda, diviene allegoria di Conoscenza (che non è mai accessibile a tutti) ed allo stesso tempo “Guardiano” della Grande Opera; nelle cattedrali e chiese, spesso compare sui battenti delle porte d’ingresso, quasi a voler sorvegliare quei “libri di pietra” che sono le costruzioni gotiche.
Nel medioevo infatti, era l’emblema degli iniziati, negli ordini monastici, massonici, cavallereschi o ermetici.
A motivo del suo mordersi la coda, viene meno la facoltà della parola, e quindi l’indispensabile segreto è mantenuto tale!

Nella sua ciclicità, l’Ouroboros ci ricorda di come, la Legge di Causa ed Effetto sia sempre presente, ed ogni azione né ha per conseguenza un’altra.

Ad azioni positive seguiranno reazioni ed effetti positivi e viceversa, a cause negative si avranno conseguenze appartenenti allo stesso segno.

Ogni uomo, nella sua scala evolutiva è soggetto alla Legge del Karma, ed è in questo senso artefice del proprio futuro destino; sta a noi, lavorare per il Bene altrui e per la collettività; solo così impiegheremo adeguatamente il tempo, messoci a disposizione dall’Eterno, senza mai scordarci che solo in questo modo, potremo dire di essere davvero: UNO COL TUTTO!




spirit angel
00lunedì 9 gennaio 2006 22:06
L'araba fenice



Questo termine deriva dal latino phoenice e questo dal greco phoinix - della fenicia, che vuol dire anche rosso.

Uccello favoloso, detto anche araba fenice, raffigurato come un airone dalle piume d’oro e fiammeggianti. Venerato nell’antico Egitto, era onorato a Heliopolis e si dice apparisse solo una volta ogni cinquecento anni.

Gli antichi mitografi abbellirono poi questa immagine con molteplici dettagli. Narrano che si nutrisse esclusivamente di rugiada e che volasse in terra straniera raccogliendo (quando fosse stato vicino alla morte) erbe profumate ed aromatiche che utilizzate sull’altare della città del Sole, potessero prendere fuoco insieme a lui in una suprema, “ardente” offerta. Dalle ceneri, dopo tre giorni, sarebbe appunto rinato l’airone chiamato: “la Fenice”.




Nell’antica Roma divenne il simbolo della rinnovata energia vitale dell’impero e con questo significato la si ritrova sulle monete imperiali e sui mosaici dell’epoca.
I Padri della Chiesa ne trattano in riferimento all’emblema dell’anima immortale e della Risurrezione di Gesù, tre giorni dopo la sepoltura.

Rappresentava inoltre in molti antichi riti, la morte, la rinascita e la solarità, per l’attitudine che le si attribuiva di risorgere dai suoi resti inceneriti.
Nel Physiologus, testo che risale al II sec. d.C. si legge: “se una bestia irragionevole che non riconosce il Signore di tutte le cose, risorge a nuova vita dalla condizione di morte in cui era e potrà alla fine partecipare anch’essa della risurrezione, come non succederà lo stesso anche a noi che onoriamo Dio e osserviamo la Sua Volontà?”.

Nella simbologia alchemica rappresenta invece l’annichilimento e la produzione di nuove sostanze attraverso la metamorfosi della “materia prima” per giungere infine alla pietra filosofale.






Nell’immaginario dell’antica Cina alla fenice corrisponde l’uccello fatato Feng-huang nel quale si armonizzano, come nell’unicorno, Ky-lin, le due qualità originarie yin e yang, intese come una totalità in cui permane tuttavia il dualismo originario.
Anche in relazione a tale significato, questo uccello simbolico è poi passato ad indicare l’armonia coniugale. Assai problematico è il confronto spesso tentato, tra la fenice e Quetzal, presente nella simbolica delle civiltà dell’antico Messico.

Nelle saghe del popolo ebraico la fenice è chiamata Milcham (J. Bin Gorion 1980 – Bibl. 24), e la sua resurrezione è così interpretata: “allorché la madre primordiale, Eva, si rese colpevole di aver colto il frutto dell’albero della Conoscenza, fu presa da invidia per le creature rimaste pure, così da spingerle a cibarsi del frutto proibito. Solo l’uccello Milcham resisté alla tentazione ricevendo come ricompensa dall’Angelo della Morte di non provare mai l’esperienza del morire. Milcham allora si chiuse in una città sicura dove visse per un millennio senza timore della morte: “Mille anni è lunga la sua vita e quando questi sono passati, il nido prende fuoco e l’uccello brucia. Si salva un solo uovo, che diventa un pulcino che poi vivrà ancora per mille anni. Altri affermano che passato questo periodo, il suo corpo avvizzisce, perde le penne e le ali. Poi rinnova completamente le sue piume e vola verso l’alto come un’aquila, divenendo immortale”.

Concludendo possiamo constatare che il simbolo della fenice rappresenta molto bene l’evoluzione dell’umanità che necessita del saliscendi reincarnativo per purificarsi e ritornare libera nei Cieli Infiniti da dove era partita .

[Modificato da "Palantir" 10/01/2006 14.05]

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