Sicuramente molti giocatori guardano alle classifiche dei videogames più venduti con lo stesso orrore misto a morbosità con cui un rockettaro alternativo segue Top of the Pops. Le prime posizioni sono perennemente dominate da giochi basati su licenze (sportive e cinematografiche) e da seguiti di serie di successo, ovvero reimpacchettamenti di schemi di gioco già rodati.
La mancanza di originalità dei videogames mainstream è dovuta principalmente a scelte di marketing delle grandi software houses che privilegiano co-branding, innovazioni solo dal punto di vista tecnico e ad un mercato basato sui best sellers che gonfia a dismisura i costi di produzione e scoraggia al contempo i prodotti innovativi (vedi l'analisi Death to the game industry pubblicata su The Escapist).
Basta cercare nel sottobosco degli sviluppatori indipendenti per ritrovare un po' di speranza. Giochi a bassissimo budget e a grande contenuto creativo, spesso distruibuiti gratuitamente o con sistemi di micropagamento volontario che rifiutano la competizione sullo stesso campo delle major. Mentre i titoli da classifica, nel loro realismo fotografico, nelle infinite cutscene e nelle trame sempre più elaborate soffrono della cosiddetta invidia di Hollywood, molti sviluppatori indipendenti sembrano non accettare la subalternità della pellicola cercando una specificità linguistica propria dei videogiochi.
Una specificità che deriva dal loro essere in primo luogo software, entità matematiche, oggetti mediali più adatti gestire cose come motori fisici, automi cellulari, sistemi emergenti, intelligenze ed evoluzioni artificiali. Proprio quel genere di elementi che se usati con scaltrezza consentono una grande varietà delle situazioni di gioco con un impiego di energie nello sviluppo relativamente basso.
Innegabilmente una buona parte delle sperimentazioni nel campo del game design si muove verso il superamento di caratteristiche consolidate come la rigidità dei livelli a favore di gameplay più aperti e verso l'abbandono dell'ossesione realistico-mimetica degli ambienti immersivi 3d. E' ancora presto per dire se queste tendenze porteranno alla nascita di una nicchia per giocatori più esigenti, una sorta di scena di videogame d'essai oppure se verranno assorbite, arricchendo senza sostituire, i generi più tradizionali. Nel frattempo possiamo solo giocare. Ecco alcuni ottimi esempi.
Molti amanti dei first-person shooter, immersi nelle loro verosimilissime arene a calcolare traiettorie di razzi, faticheranno a immaginare fisiche non realistiche. Eppure i sofisticati algoritmi per rappresentare il moto, le collisioni o l'elasticità dei corpi possono essere impiegati per creare mondi e sistemi completamente altri da quelli "naturalistici".