Il manifesto di ieri...

E, prima di leggere, Buttate un occhio al titolo... Ma guarda tu... è un onore essere clonati dal manifesto...

Nazionale senza filtro
Marco Boccitto
«Le cancelleremo subito». Che la notte sia bianca, nera o azzurra, il sindaco di Roma Walter Veltroni ha sempre la soluzione pronta. Per le svastiche e le scritte antisemite apparse sui muri del ghetto a margine della grande baldoria nazionale basterà effettivamente un colpo di spugna, condito dalla «vergogna» di Amato e dall'indignazione di tutte le forze politiche. Altro paio dimaniche sarà sbianchettare i segni profondi che il delirio di massa per l'Italia campione del mondo ha fatto venire a galla negli ultimi giorni. Niente che non sia già visibile nelle curve, in una tranquilla domenica di pallone. Ma ora Prodi dice che la vittoria ha unito gli italiani. Speriamo non troppo. E ilpresidente Napolitano dice che questo trionfo ha fatto rinascere l'amore per la bandiera italiana. Sarà, ma chi già l'amava smodatamente, trovandoci il perno di un'identità che resta agli antipodi rispetto ai valori fondanti della repubblica, puntualmente sbandierati, alla vista di un tale tripudio tricolore è quasi uscito di senno per la felicità. Assaporando un senso crescente di appartenenza e impunità nel vedere che anche Buffon sul palco del Circo Massimo si esibiva su uno striscione neo-fascista. Al confronto, il Gilardino che dichiarò di voler vincere «per i nostri ragazzi che combattono in Iraq» sembra un volontario della Caritas. Dall'orgoglio nazionale all'orgasmo nazionalista, dalla gioia legittima per una grande vittoria sportiva all'odio razzista per chi ha perso, con ostentazione di una grandeur imperiale che lo scenario peraltro incoraggia, il passo è breve. Almeno per una parte di quel milione di persone che hanno pensato bene di riempire il vuoto pneumatico della loro esistenza con una notte così magica. Sulle scritte antisemite ha ragione Leone Paserman, presidente della comunità ebraica: «Per fortuna non abbiamo raggiunto il livello di aggressioni fisiche comune ad altri paesi europei ». Già, dobbiamo quasi rallegrarci del fatto che per ora ci si limiti ai colpi di vernice spray. Dopo il disprezzo per i giocatori negri e arabi della Francia (Zidane in realtà sarebbe berbero, ma è armato di testata nucleare e come se non bastasse simpatizza per i comunisti e i ragazzacci delle banlieues), ne avanzava ancora un po' per gli ebrei romani. Ma c'è anche chi ha tagliato corto, riassumendo le sue emozioni nella scritta «Zidane ebreo», come quello di chi si è accanito sulle vetrine di un negozio che ostenta nome francese, ma in realtà fa parte di una catena belga. Una storia triste come un gol annullato. A vedere la festa da fuori, qualcuno potrebbe credere che davvero siamo un popolo amante del calcio. In realtà, come dimostra l'entusiasmo proporzionalmente inverso al gioco espresso dalla squadra di Lippi, è chiaro che ci piace soprattutto vincere. Con ogni mezzo necessario o quasi, e possibilmente senza porre limiti alla fortuna. Nessuna simpatia, nessun compiacimento tecnico o estetico per chi gioca bene, se non è dei nostri. Anche il premier che alza la coppa o il patetico entusiasmo della ministra Melandri, prima negli spogliatoi e poi sul bus (omologato in Francia) che ha portato gli azzurri in trionfo, non sono sembrati il massimo dell'eleganza. All'Unità ieri titolavano «È tornata l'Italia». Dimenticavano di aggiungere che, governanti a parte, è tutto fuorché «un paese normale».

Come dopo la vittoria della Germania,
quando a Ferrara il popolo festeggiava in piazza
gridando porcherie d'ogni genere su tedeschi,
con grande meraviglia di una nostra carissima
amica berlinese che vive qui da diversi anni.
Gli italiani sanno essere davvero delle teste di cazzo,
forse è così dappertutto, ma a me da un certo fastidio.

bel pezzo.

bello davvero!