God save the Premier

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Slobodan
00domenica 5 marzo 2006 13:57
LONDRA - Un’intervista del sabato sera su una tv commerciale. Protagonista il primo ministro, e come ospiti di contorno la vistosa popstar Christina Aguilera e l’attore Kevin Spacey. Un’occasione facile facile per fare bella figura. Ma Tony Blair è in vena di confidenze. Racconta all’attempato e posato presentatore della Itv di quando, nel 1980, il padre di sua moglie Cherie, l’attore Tony Booth, li venne a trovare a casa e chiese amabilmente: «Ti dispiace se mi accendo una canna?». «Risposi di no, incidentalmente». Basterebbe questo siparietto ad aprire un dibattito politico.
Ma il discorso arriva inevitabilmente alla guerra in Iraq, che ha eroso in modo drammatico il consenso dell’opinione pubblica britannica per il leader del New Labour. Che cosa si prova a prendere decisioni che possono costare molto sangue, chiede il conduttore Michael Parkinson. Blair non ha più voglia di scherzare, mostra una certa riluttanza, ma non si sottrae: «Sono scelte che vanno fatte e ci devi vivere... Se uno ha fede in certe cose, ci si rende conto che quelle decisioni sono prese anche da altri... Se si crede in Dio è una decisione presa anche da Dio».
L’intervistatore a questo punto gli ha chiesto se avesse pregato prima di dare l’ordine di attacco. Qui Blair ha resistito: «Non voglio entrare in questa discussione, devi fare i conti con la tua coscienza in queste azioni e alla fine fai quello che pensi sia giusto». Quindi, ha concluso, saranno Dio e la Storia a giudicare se sia stato giusto o no spedire migliaia di soldati ad abbattere Saddam Hussein.
Il conto dei caduti britannici nella missione irachena cominciata nel marzo del 2003 ha appena sorpassato quota cento. L’opinione pubblica non è mai stata convinta della necessità di affiancare gli alleati americani in questa guerra e ogni soldato morto viene rinfacciato al premier.
«Un buon cristiano non si sarebbe mai schierato per questa guerra, sono disgustata da quello che ho sentito. Mi sembra una presa in giro», ha detto Rose Gentle, madre di un ragazzo ucciso a Bassora, dove è schierato il grosso dei dodicimila uomini del contingente. Si è fatto sentire anche Reg Keys, che alle ultime elezioni si era candidato contro Tony Blair nel suo seggio di Sedgefield dopo aver perso il figlio, un caporale linciato da una banda di ribelli assieme ad altri cinque camerati. «Stiamo realmente assistendo al ritorno di cento bare perché Dio gli ha detto di andare a combattere? La gente lo giudicherà, non Dio».
Sir Menzies Campbell, appena eletto leader del partito liberaldemocratico, ha tirato la prima stoccata politica: «La guerra non è un atto di fede. È necessaria un’analisi rigorosa sulla legalità, la probabilità di successo, il numero possibile di vittime e le conseguenze a lungo termine».
La serata tv di Blair ha toccato anche l’altro punto che focalizza l’attenzione politica in Gran Bretagna. Porterà a termine la legislatura che dovrebbe scadere nel 2009-2010 o lascerà il 10 di Downing Street a Gordon Brown prima? Dipenderà dal giudizio sul lavoro che sto svolgendo, ha detto il premier. E il suo rapporto con l’eterno secondo Brown? Il giornalista Parkinson gli ha detto brutalmente: «Il problema, signore, è che lei continua a dire che con Gordon siete grandi amici, ma nessuno le crede».
Blair ha incassato il colpo: «Sì, ma in politica è molto duro avere amici... C’è solo un posto al vertice e non è ignobile nutrire l’ambizione di farlo proprio. E d’altra parte si scrive da anni che stiamo per rompere e nonostante le difficoltà che abbiamo attraversato siamo ancora uniti e io sono orgoglioso di chiamare Gordon amico. Per me lo sarà sempre».
Alla fine Blair ha anche ricordato con accento nostalgico la prima vittoria, quella del 1997. «Piacevo alla gente allora», ha detto. Sì, piaceva a tutti. Erano i tempi in cui il suo genio della comunicazione, Alastair Campbell, diceva ai giornalisti sulle scelte del suo capo: «Noi non mettiamo di mezzo Dio». Ora il Daily Mail titola: «Solo la storia e Dio mi possono giudicare, dice Blair a Christina Aguilera».
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