Benvenuti nell'era dell'ottimismo

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Peppino Gavoni
00giovedì 13 ottobre 2005 12:01
Le grandi multinazionali (la maggior parte di esse, per lo meno) offrono ai propri clienti un servizio di assistenza. Se il prodotto acquistato si rivela per una qualche ragione difettoso, il cliente si rivolge all’assistenza clienti, telefonicamente o per posta elettronica, chiedendo aiuto.
Questa fase è di importanza fondamentale per l’azienda: se il cliente alla fine si è sentito ben assistito, è molto facile che torni a comprare prodotti della stessa marca.
Così, se una persona acquista un computer Dell, lo fa per due possibili motivi: o perché ritiene che il prodotto sia in sé buono (il che presuppone da parte dell’acquirente una conoscenza delle specifiche informatiche che rendono un PC di alta qualità, e se vi fa piacere saperlo, non è il caso della Dell, che fornisce componenti a volte mediocri), oppure perché sa, in qualche modo, che nel caso che il prodotto si debba rivelare difettoso, potrà contare su un servizio che si premurerà di rimediare all’inconveniente in maniera celere e soddisfacente.
Io, personalmente, agli albori della mia carriera informatica comprai un PC della Dell proprio su consiglio di quello che nel campo del marketing (per essere specifici, del branding) viene definito un evangelista: una persona che ha avuto un’esperienza così positiva che poi finisce con il raccomandare ad amici e conoscenti quella ditta, “perché l’assistenza al cliente è fantastica!”. In effetti io non mi sono certo potuto lamentare, anzi. In occasione di un problemino con il modem, che per qualche arcano motivo non veniva riconosciuto nella gestione periferiche, feci una telefonata al centro di assistenza; un operatore gentilissimo mi fece effettuare qualche semplice operazione di troubleshooting, ovvero individuazione e risoluzione problemi, e non essendo in grado di stabilire se il difetto stesse nel modem o nella scheda madre, mi promise che entro due giorni un tecnico mi avrebbe sostituito entrambi. Detto, fatto: due giorni dopo un simpatico signore era alla mia porta con il materiale necessario e un paio d’ore dopo il mio PC aveva una nuova scheda madre e un nuovo modem. Mi sono informato: se il PC non fosse stato in garanzia, il costo di quell’intervento si sarebbe aggirato sui 900 euro. Ovvero due terzi del prezzo complessivo del PC.
Ora io stesso sono diventato un po’ un evangelista della Dell, già con questo messaggio. Ma la domanda qua è: e se la scheda madre non si fosse mai rotta? O se si fosse rotta solo dopo 5 anni di utilizzo intenso del PC?
Beh, le statistiche dicono che se un cliente compra un prodotto e non ha mai problemi, ci sono il 50% di probabilità che torni a comprare dalla stessa marca. Ma se il cliente compra un prodotto, questo si rivela difettoso e in seguito ad un intervento dell’assistenza in garanzia il cliente torna ad essere soddisfatto, ci sono l’80% di probabilità che il suo prossimo acquisto sia presso la stessa azienda.
Che cosa ci dice ciò?
“Blessing in disguise” (benedizione mascherata) è una bellissima espressione inglese difficilmente traducibile in italiano. Si definisce tale un evento che nonostante le apparenze si rivela favorevole. Per esempio se mi prendo una polmonite e per questo devo rinunciare alle mie vacanze, è una disgrazia, ma se poi scopro che l’aereo che avrei dovuto prendere è stato dirottato da dei terroristi islamici in qualche cesso di aeroporto mediorientale, la mia polmonite diventa improvvisamente quello che si dice a blessing in disguise.
Ecco, sotto questa categoria si possono far rientrare anche una scheda madre della Dell che non riconosce una periferica minore come il modem, un guasto di poca importanza al motore di una Ford nei mesi di garanzia, un lettore MP3 Creative che necessita di un piccolo intervento di reinstallazione software e simili. Perché solo allora il malcapitato ha occasione di esperire l'efficienza del servizio assistenza.
A questo fatto accennavo discutendo con il capo del dipartimento assistenza tecnica della mia azienda, e lui è diventato rosso come un peperone: “well, you wouldn’t really say that”, mi ha detto ridacchiando nervosamente. Wouldn’t? O shouldn’t? O couldn’t? Mah…
Sta di fatto che il cliente medio, a digiuno di informatica, elettronica o motoristica, schiavo degli effetti di comunicazione che gli impongono una scelta, alle prese con un difetto di funzionamento si sentirà sperso e disperato e telefonerà immediatamente all’assistenza. E quando il suo problema sarà risolto, ringrazierà calorosamente le stesse persone che gli hanno venduto il prodotto difettoso e che poi l’hanno aiutato a risolvere un problema in prima istanza causato da loro stessi.
Perché senza addentrarsi in teorie complottistiche, è risaputo che se un’azienda vendesse prodotti indistruttibili, sarebbe votata al fallimento in tempi brevi. Teoricamente, è possibile produrre per esempio una lametta da barba che dura cinque anni senza perdere mai la filatura, così com’è possibile costruire un motore che ti dura un milione di chilometri. Magari costerebbero un pochino di più, ma chi non li comprerebbe? Certo con l’informatica e l’elettronica il problema è più complesso, perché in quei campi l’imprevisto è in agguato da ogni parte e un errore minimo in produzione può determinare un malfunzionamento improvviso che nessuno è in grado di evitare a priori. Ma il principio è lo stesso: la qualità del prodotto in sé non paga. La gente cerca altro: preferisce ancora poter credere in un qualcosa di più astratto, in una promessa, un’idea di garanzia.
Il garantismo ormai permea ogni campo.
In quest’ottica globale, le multinazionali di questo tipo diventano delle balie per l’utente un po’ scemo che non distingue un virus informatico da uno biologico ma che esige che il suo computer sia protetto, e che, se qualcosa va storto com’è praticamente inevitabile che succeda, vuole sentire una voce dall’altro capo del filo che gli assicura di come la ditta sia profondamente dispiaciuta dell’inconveniente occorsogli, di come provvederanno immediatamente a far sì che la sua soddisfazione torni ai livelli se non dell’evangelista, quanto meno del cliente soddisfatto.
Perché un’altra statistica dice che se un cliente è estremamente soddisfatto raccomanderà l’azienda a due o tre amici, ma se è altrettanto estremamente insoddisfatto, ne parlerà male con setto o otto amici. Non è una novità che noi esseri umani siamo più propensi a lamentarci, piuttosto che a dichiarare la nostra felicità.
I centri di assistenza al cliente, pullulanti di giovani leve del mondo del lavoro pronte a farsi abusare in tutte le maniere alla ricerca di una carriera dentro mamma azienda, altro non sono che delle latrine in cui l’irritazione dei clienti turlupinati è un’evitabile colata di sterco che viene disciolta nella chimica di operazioni emotive ed economiche, per essere quindi riciclata e trasformata – per quanto possibile – in profumata soddisfazione: per essersi sfogati con un rappresentante umano di un’entità astratta, e per aver ottenuto in seconda battuta ciò che ci si aspettava di trovare in prima.
Oggigiorno sempre più multinazionali investono un sacco di soldi pur di fornire un’assistenza di spicco al cliente, anche a costo di perdere qualche soldo nella sostituzione di prodotti evitabilmente (non voglio dire intenzionlmente, non ancora…) difettosi. Intanto perché si crea un giro d’affari niente male con le aziende che offrono servizi alle aziende – corrieri postali, compagnie telefoniche, tecnici specializzati per riparazioni in loco – , e poi, soprattutto, perché si stimola nella massa informe dei consumatori medi quella che è l’unica base della finanza mondiale: la fiducia nel futuro, ovvero l'ottimismo, vero oppio dei popoli.
Peppino Gavoni
00giovedì 8 dicembre 2005 18:40
Piccola aggiunta
Parlando con il responsabile di produzione della mia azienda, sono appena venuto a sapere che spesso i potenziali problemi (quelli anche grossi, che causano tonnellate di sostituzioni del prodotto) sono conosciuti non appena il prodotto esce dalla fabbrica, ma vengono ignorati per le ragioni suddette e il prodotto viene comunque distribuito. Tanto la merda dai clienti non se la devono certo sorbire loro.
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