Chiarimenti sul concetto di TEOLOGIA....
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teologìa s.f. (gr. theós, dio e lógos, discorso). Scienza relativa a Dio o agli dei, o più in generale alla religione. In senso cristiano, scienza della divinità e dei suoi rapporti con le creature, sulla base della Rivelazione.
Il termine teologia tardò a entrare nella tradizione cristiana per le sue origini profane e filosofiche. A partire dal III sec. fu accolto nel pensiero cristiano orientale; nella Chiesa d'Occidente, invece, di teologia nel senso moderno, come scienza sistematica sulla divinità, parlò per primo, in pieno medioevo, Abelardo e solo nel XIII sec. servì a indicare il complesso della speculazione sulle verità rivelate. In Oriente la teologia indicò inizialmente la riflessione su Dio in se stesso, cioè sulla natura e le persone divine, e si distingueva quindi per esempio dalla "cristologia"; essa ebbe grande sviluppo in conseguenza delle dispute trinitarie, anche per lo sforzo di definire una dottrina ortodossa rispetto alle tendenze eretiche. Sempre in Oriente fu introdotta la distinzione fra teologia affermativa, relativa a ciò che si può dire di Dio, e teologia negativa, che definisce ciò che Dio non è (come la teologia mistica dello pseudo-Dionigi l'Areopagita alla fine del V sec.).
In seguito la teologia, intesa unitariamente come la scienza dei misteri divini fondata sulla Rivelazione e la fede, si distinse, in rapporto al suo oggetto, in teologia dogmatica (relativa ai dati di fede) e morale (relativa all'agire umano diretto al suo fine ultimo, conosciuto mediante la Rivelazione e conseguibile mediante la Grazia); e, in rapporto ai suoi metodi, in teologia positiva(relativa alle fonti della Rivelazione: teologia biblica, patristica, ecc.) e speculativa (che attraverso l'uso della ragione, e con il sussidio della filosofia, dimostra la coerenza dei misteri cristiani, integrando deduttivamente i dati rivelati). La teologia speculativa non deve confondersi con l'apologetica, che tende a dimostrare la razionalità della fede cristiana, né può identificarsi con una qualsiasi filosofia religiosa, sostituentesi alla Rivelazione (come accadde alla gnosi): essa resta invece sotto la luce e nei limiti della fede ("fides quaerens intellectum" fu definita nel medioevo).
La teologia, dunque, come riflessione globale sul mistero cristiano, è implicita nelle origini stesse del cristianesimo: perciò oggi sì parla correntemente di una teologia del Vangelo di san Matteo, di una teologia di san Paolo, ecc. Ma furono soprattutto l'incontro del cristianesimo con la filosofia greca e il superamento dei primitivi sospetti verso la cultura classica (incarnati per esempio da Taziano) a favorire la prima riflessione teologica (Giustino, Ireneo). Ben presto si formarono in Oriente due grandi scuole teologiche: quella di Alessandria, più legata alla tradizione platonica e neoplatonica di Filone, tendente a un'interpretazione allegorica delle Scritture (Clemente e Origene nel III sec.; Atanasio nel IV; Cirillo di Alessandria nel V); quella di Antiochia, più razionalistica (illustrata da Giovanni Crisostomo), cui si collegarono i Padri cappadoci del IV sec., come Gregorio di Nazianzo e Gregorio di Nissa. Tutta questa ricerca ebbe impulso decisivo dal sorgere delle eresie trinitarie e cristologiche d'Oriente, e si riversò nelle definizioni dogmatiche dei primi sette concili ecumenici (secc. IV -VIII).
In Occidente, dov'era meno sensibile e diretto l'influsso della cultura greca e orientale, sorse solo alla fine del II sec. il primo teologo originale: Tertulliano. Successivamente Agostino, sulle orme di Ambrogio, riprese e sviluppò in maniera originale i grandi temi della teologia orientale, grazie anche alla conoscenza diretta e approfondita della filosofia platonica. Le vicende dell'Impero, mentre precipitavano l'Occidente nella barbarie, isolandolo dall'Oriente e lasciandolo a lungo sotto l'influenza della grande sintesi agostiniana, favorirono a Costantinopoli lo sviluppo della teologia, con Massimo il Confessore (VII sec.), Giovanni Damasceno (VIII sec.), Simeone il Nuovo Teologo (intorno al 1000). Chiusasi ormai da tempo la grande epoca patristica, la rinascita carolingia d'Occidente vide anche il rifiorire degli studi teologici (Alcuino, Rabano Mauro, ecc.).
Con l'XI e il XII sec. (Anselmo e Abelardo) iniziò l'epoca della scolastica, cioè della teologia sistematica, che non si limitava più a raccogliere le sentenze dei Padri ma si cimentava nell'organizzare un discorso teologico secondo le regole della dialettica (scuola di san Vittore; Libri quattuor sententiarum di Pietro Lombardo: sintesi teologica di tipo platonico-agostiniano). Ma specialmente la riscoperta delle opere di Aristotele, introdotte in Europa dagli Arabi, condizionò lo sviluppo di nuove sintesi teologiche (secc. XIII, XIV). Ancora una volta si delinearono due scuole: quella domenicana, che più direttamente si rifaceva ad Aristotele, culminante in san Tommaso d'Aquino, scolaro di Alberto Magno, e nel cui insegnamento la Chiesa cattolica riconobbe successivamente l'esposizione più chiara e completa delle proprie verità; e quella francescana, di tendenza mistica e platonica, culminante in san Bonaventura e Duns Scoto.
La Riforma protestante, iniziata da un agostiniano come Lutero, favorì per contraccolpo le tendenze tomistiche nella teologia cattolica, che peraltro si vide impegnata nella definizione, in senso controversistico (Bellarmino), delle verità e dei dogmi messi in discussione dai protestanti: fonti della Rivelazione, Grazia e libero arbitrio, sacramenti. Nascevano nuove scuole teologiche, come quella gesuitica (Molina), che poneva l'accento sulla libertà umana, rispetto al rigido predestinazionismo del protestanti.
Tutta questa fioritura teologica aveva fatto la sua prima prova al concilio di Trento dove peraltro si erano avute le prime avvisaglie dei contrasti che avrebbero diviso la teologia cattolica nel secolo successivo. D'altra parte lo stimolo rappresentato dalla Riforma favorì la specializzazione della ricerca teologica, con lo sviluppo dell'esegesi (Cornelio a Lapide), della metodologia (Melchor Cano), della patrologia (D. Petau); lo studio e il commento di san Tommaso caratterizzarono altresì la tarda scolastica spagnola, che produsse in quest'epoca, con Francesco da Vitoria e F. Suárez alcune delle più complete sistemazioni della teologia. Mentre infuriavano nei secc. XVII e XVIII le grandi dispute ecclesiologiche e sulla Grazia, provocate dal sorgere del giansenismo e dalla contrapposizione tra le scuole agostiniane, tomiste e gesuitiche, assunse particolare rilievo la teologia morale (culminante nell'opera di Alfonso M. de' Liguori) e ancor prima la teologia spirituale dei grandi misticì spagnoli e francesi, che rifuggivano dalla sistematicità razionalistica delle scuole.
Una nuova ricchezza di elaborazione teologica vide il XIX sec., parallelamente alla fioritura della cultura romantica e alla rinascita religiosa successiva alla Rivoluzione francese. Sotto l'influsso delle moderne tendenze filosofiche e storiche si svilupparono nuove scuole, che suscitarono i sospetti di Roma: il tradizionalismo, l'ontologismo, il rosminianesimo; soprattutto rinacque la teologia positiva e storica, con Möhler, Migne, Hefele, e sorse la teoria dello sviluppo estrinseco dei dogmi, con Newman. La seconda metà del secolo fu però caratterizzata dalla riscoperta di san Tommaso e della scolastica (neotomismo e neoscolastica), che contraddistinse in special modo la scuola teologica romana (Liberatore, Cornoldi); questa mostrò di prevalere nelle definizioni del concilio Vaticano I (1869-1870). Una sanzione e un impulso particolari alla rinascita tomista nella teologia vennero dati dall'enciclica di Leone XIII Aeterni Patris (1879).
Proprio contro la neoscolastica si schierò invece quel complesso tentativo di rinnovare la teologia cattolica secondo più moderne tendenze filosofiche, scientifiche, storiche, che prese il nome di modernismo e che venne condannato dalla Chiesa (enciclica Pascendi, 1907) come affetto da storicismo, soggettivismo e relativismo. La polemica sul modernismo all'inizio del XX sec. sembrò per qualche tempo ostacolare le esigenze di novità anche in campo teologico: ma le tragiche vicende storiche in cui si trovarono coinvolti i cristiani di questo secolo, i più stretti rapporti con altre confessioni (movimento ecumenico) e con il cristianesimo orientale, l'impetuoso sviluppo dell'esegesi biblica, la gravità dei problemi sociali contemporanei, l'imporsi della scienza e della tecnica a tutti i livelli, hanno condizionato altri rinnovati tentativi di reintegrare in una visione teologica più attuale le verità tradizionali del cattolicesimo.
Il diretto riferimento alle fonti scritturali e patristiche (H. de Lubac, Daniélou) ha permesso di superare l'intellettualismo e lo schematismo di certa tradizionale teologia, nutrendo le nuove correnti di una problematica spirituale più legata ai grandi temi del mondo moderno: evoluzione e storia, persona e società, esistenza e libertà. In Francia (Teilhard de Chardin, Congar), in Germania (Rahner), in Olanda (Schillebeeckx), si è venuta così preparando quella rinascita teologica che è sfociata in modo talora clamoroso nel concilio Vaticano II e in taluni documenti le cui arditezze innovatrici sarebbero state del tutto impensabili solo mezzo secolo prima (Nuovo catechismo olandese).
Gli orientamenti successivi della teologia sono nati all'insegna della cosiddetta "svolta antropologica" (K. Ralmer). Dopo essersi qualificata come discorso (scienza) dell'uomo su Dio, la teologia preferisce porsi come scienza del discorso di Dio sull'uomo. Dalla scelta antropologica alla teologia della prassi il passo fu breve: se la teologia si assumeva il compito di presentare organicamente il progetto d'uomo che nasce dalla fede in Dio, non poteva esimersi dal descrivere le linee fondamentali a cui il credente deve ispirarsi nel programmare e nel costruire la storia. A un primo periodo euforico che ha visto nascere diverse teorizzazioni teologiche dell'impegno umano per la storia (teologia della speranza [J. Moltmann], teologia del mondo [J. B. Metz], teologia della liberazione [G. Gutiérrez], teologia politica, ecc.) ha fatto seguito una teologia più critica.
La fede sottolinea la necessità dell'impegno del credente per la programmazione della storia, ma riconosce con altrettanta chiarezza che la salvezza è dono di Dio che trascende la storia stessa. Da qui, mediante il recupero del valore della contemplazione e dell'ascolto della parola di Dio, è nata una teologia che ama qualificarsi "estetica" e "ludica": estetica perché fondata sulla visione contemplativa più che speculativa della realtà (H. U. von Balthasar), ludica perché guidata dal senso della gratuità che vuole opporsi all'efficientismo contemporaneo (K. Rahner). La teologia si è anche posta come "a-logia = silenzio" e qua e là fa capolino la tesi che la teologia ha ormai finito la sua funzione e deve fare spazio esclusivamente alla fede.
I più recenti sviluppi della teologia cattolica sono conosciuti come "teologia della Croce". Dopo le acquisizioni dei decenni scorsi, con cui la teologia aveva cercato di fondare l'impegno cristiano nella storia (teologia politica) e la sua tensione dinamica verso il futuro (teologia della speranza), la riflessione teologica intende porre l'accento sulla specificità cristiana dell'impegno e della tensione storica.
Il mistero della croce di Cristo, preso in considerazione nella prospettiva del Vangelo di Giovanni che parla della croce come "gloria di Dio", segna l'orizzonte del sapere cristiano. La croce, senza perdere la sua emblematicità per una corretta interpretazione della sofferenza e del sacrificio in ordine alla salvezza, diventa la più specifica manifestazione del modo cristiano di intendere il rapporto "trascendenza-storia". Dio manifesta la sua trascendenza non dominando o manipolando la storia dell'uomo, ma in una scelta di condivisione e di donazione amorosa. Ne deriva che l'impegno cristiano per il progresso storico deve qualificarsi come sforzo per l'affermazione e la crescita della sfera dell'essere (dignità e libertà della persona) più che della sfera dell'avere(progresso scientifico, tecnico, economico). Anzi, l'unico e più sicuro criterio di verifica dell'autenticità della crescita nella sfera dell'avere sta nella sua capacità di risolversi in una promozione della sfera dell'essere.
v Teologia protestante
§ Martin Lutero
§ Giovanni Calvino
§ Le 95 tesi
Una definizione unitaria e univoca della teologia protestante risulta molto problematica se non ci si rifà al principio della Sacra Scrittura come unica forma di fede. Su questa base Lutero, Zwingli, Calvino elaborarono proprie dottrine teologiche, lontane tra loro su molti punti, come per esempio nelle questioni sacramentarie. I protestanti, tuttavia, come ribadì la Confessione d'Augusta del 1530, ritennero di non sostenere nulla di contrario "alla Scrittura o alla Chiesa universale" e di situarsi correttamente nella linea teologica dei primi grandi concili ecumenici (simbolo di Nicea e di Atanasio). In effetti, benché la Riforma fosse sorta proprio come reazione allo scolasticismo medievale in nome di un ritorno alla teologia della Bibbia e in special modo paolina, non tardò essa stessa a dar luogo a una scolastica protestante, frutto delle controversie sorte nel suo seno (dispute nel luteranesimo tedesco e nel calvinismo olandese) e della inevitabile rielaborazione dei grandi princìpi fissati dai padri del movimento riformato. D'altronde si manifestò, fin dalle origini, una corrente teologica più radicale che non esitò a sottoporre a critica la stessa dottrina trinitaria (antitrinitari) e ad applicare il principio razionalistico del libero esame alla Scrittura. Ciò indubbiamente fu a vantaggio dello sviluppo della critica biblica, che ebbe nel campo protestante alcuni dei suoi maggiori cultori, ma che finì per aprire la strada al cosiddetto protestantesimo liberale del XIX sec., tendente a storicizzare e a relativizzare tutti i dati della Rivelazione.
Tuttavia, come la reazione del pietismo nel XVII sec. aveva controbattuto le sottigliezze e i virtuosismi teologici della scolastica protestante, così in epoca moderna si assiste a un vasto movimento teologico di reazione al protestantesimo liberale in nome di un ritorno alle fonti della Riforma e alla Scrittura. Accanto ad Albert Schweitzer, che per certi aspetti può essere considerato l'erede delle tendenze liberali, sorgono, nel protestantesimo, un Cullmann, che sviluppa, con molti altri, il rinnovamento esegetico, cercando di interpretare il messaggio della Scrittura dal suo interno, senza altre preoccupazioni filosofiche o speculative; o un Bultmann che, tutto teso a un'interpretazione il più possibile "contemporanea" della Bibbia, sulle orme del pensiero esistenzialista, propone di demitizzare il contenuto della Scrittura, enucleando, sotto i loro racconti "mitici", il nocciolo delle verità eterne. Ma il più grande teologo protestante contemporaneo, quello che ha dato un'impronta a gran parte della teologia moderna (anche cattolica), è Karl Barth.
La sua "teologia dialettica", partita da un rifiuto radicale della teologia liberale, accusata di aver ridotto Dio a dimensioni umane per essersi posta dal punto di vista dell'uomo invece che da quello di Dio, concepisce un Dio "totalmente altro" rispetto all'uomo, ma che ha rivelato se stesso nel Cristo, cessando di essere un mistero insondabile. Dal Commento all'Epistola ai Romani fino alla monumentale Dogmatica della Chiesa, la teologia barthiana si è venuta poi tutta organizzando intorno alla "concentrazione cristologica": solo il richiamo diretto e costante a Cristo può garantire alla teologia una completa fedeltà alla Scrittura e un'autentica capacità di adattamento ai tempi presenti.
Per altro verso, l'incarnazione di Dio in Cristo fa sì che solo attraverso Cristo sia possibile raggiungere per l'uomo una piena umanità: se Dio è entrato nella storia, coloro che si richiamano a Cristo non possono vivere fuori dal mondo, ma devono assumere su di sé i suoi problemi, le sue strutture e vivere in piena solidarietà con tutto ciò che costituisce la vita degli uomini. Gli atteggiamenti personali di Barth nel tragico periodo del nazismo testimoniano vivamente come per lui l'attesa escatologica non può mai significare evasione, ma implica sempre un impegno responsabile nella realtà storica e sociale.
Prendendo spunto dalla teologia barthiana, ma radicalizzandone o isolandone taluni aspetti, si è messo in moto nell'ambito protestante un processo apparentemente antitetico a quello seguito dal maestro, vale a dire dalla cristologia all'antropologia, con la pretesa cioè di concentrare l'attenzione "teologica" sull'uomo e i suoi problemi: in questa direzione ha agito anche l'opera geniale e rinnovatrice del pastore tedesco Dietrich Bonhoeffer (1906-1945), morto in un campo di concentramento nazista.
Si tratta della cosiddetta teologia radicale, che è ormai difficile distinguere secondo tendenze confessionali, e che parla di un cristianesimo senza religione (intendendo con quest'ultimo termine tutte le sovrastrutture ideologiche, rituali, filosofiche venutesi a sovrapporre alla semplice parola di Cristo), o, ancor più decisamente, della "morte di Dio" (intendendo indicare la fine di tutta una tradizionale visione religiosa di un Dio trascendente, per vederlo completamente incarnato nell'umanità e nei suoi destini).