Volevo aspettare a (ri)parlare delle presidenziali francesi il 16 marzo,data in cui ufficialmente le candidature verranno o meno accettate(secondo la legge farncese,è necessario ottenere "l'approvazione"(non saprei tradurlo meglio) da parte di almeno 500 consiglieri comunali e regionali),ma ieri sera vagavo online per Figaro e Liberation e ho scoperto alcune cose,che sui fora della sinistra transalpina sono già motivo di dibattito(comunque voglio dirvi che "la cifra" del Paura batte alla grande anche i compagni virtuali d'oltralpe
).
E così anche sto giro, come nel 2002 (le lezioni non si imparano mai anche da loro,confortante!)il PS al primo turno avrà ben 5 concorrenti a sinistra.
Certo non è detto che il 22 aprile,in virtù della scadenza del 16 marzo,tutti e 5 (5 sono i principali,poi in Francia spesso ci sono stati candidati alla Scalfarotto che in un modo o nell'altro hanno aggirato l'ostacolo delle 500 sponsorizzazioni; a novembre quando LePen ufficialmente si è ricandidato per la sesta volta all'Eliseo lessi su Liberation un'ottima riflessione di un politologo di sinistra che si chiedeva se questa norma non fosse da modificare,dal momento che il FN che da 20 anni si aggira stabilmente fra il 14 e il 20% rischia grosso a questo giro ed è possibile che non possa presentarsi a rappresnetare un farncese su 5,non essendo Lepen ancora risucito a garantirsi i 500 consiglieri dal momento che sia la gauche che la droite premono per togliersi dai piedi l'ingombrante 80enne)potranno presnetarsi,ma al momento le cose stanno così.
E' candidato Bovè,il leader conatdino altermondialiste.
E' candidata la segretaria del PCF.
E' candidato il leader della LCR(lega comunista rivoluzionaria,trotzkista,a noi magari fa impressione uan sigla così poco politicamente corretta ma 5 anni fa al primo turno ottenne quasi il 5%)
E' candidata un'altra rappresentante di un partito di estrema sinistra,Lotta Operaia,altra formazione che ottenne oltre il 5% e che,va ricordato, al ballottaggio fu l'unica a rifiutarsi di confluire su Chirac "nonostante" Lepen,precedente non molto rassicurante per la Royal in vista del possibile ballottaggio con Sarkozy.
Ed è candidato anche un altro leader di partito ("dei lavoratori",cazzo mi viene in mente il PLA di Hocxa!)di cui non so presumere la consistenza.
Hanno fatto un passo indietro solo i Verdi.
A contrastare nel centrodestra Sarkozy (che sarà presumibilmente l'unico candidato UMP, una volta fatto fuori DeVillepin e in virtù del silenzio sulla possibile ricandidatura di Chirac che a mio avviso non ci sarà,ma contestualmente priverà anche del suo appoggio palese Sarkò)c'è il leader dell'UDF Bayrou,partito centrista dal grande passato (Giscard,Wiesenthal) e dal presente che lo colloca piuttosto stabilmente attorno al 10%.
e poi c'è Le Pen.
Ora,l'ultimo sondaggio dei giorni scorsi,fonte Figaro,dà vincente al ballottaggio Royal-Sarkozi 52 a 48, ma quello che mi ha incuriosito,e sorpreso,sono le previsioni dle primo turno.
PS e UMP vengono dati entarmbi oltre il 30% ciascuno,a scapito di risultati irrilevanti dei candidati di sinitra antagonista ed un ridimensionamento improvviso del FN.
Su questo sono un po' scettico,in base ai precedenti.
5 anni fa (fonte wikipedia,e stavolta mi pare attendibile,a memoria mia)l'RPR(il partito neogollista fondato negli anni settanta da Chirac che lo stesso President con Juppè ha saputo trasformare in UMP,versione ulivista-unitaria di centrodestra) non arrivò al 20.
Vado indietro al 1995 e trovo Chirac ancora attorno al 20.
Torno all'88 e lo ritrovo ancora lì,al 20.
insomma, da 20 anni il gradimento di base di Chirac e del suo Rassemblement è limitato a un farncese su 5.
e da lì non si scappa.
Ora è vero che Sarkò non è Chirac e l'UMP di oggi non è quella di ieri,ma è pur vero che se in francia dici Droite,Gollisme,UMP,uno ti risponde Jacques e Bernadette.
Per cui non so fino a che punto DAVVERO la nuova UMP e Sarkozy (e lo dimostrano le ultime amministrative disastrose,ricorderete il micidale titolo di Liberation-sulla scia del miglior Manifesto- "In fondo a destra", con la cartina della farncia tutta rossa e quella macchietta blu della Lorena)possano in così preve tempo passare dal 20 al 30 e passa.
Anche il PS mi pare sovrastimato.
Terminata l'epopea mitterandiana che aveva portato il suo PS su percentuali da SPD,vediamo che nel 95 Jospin prese il 23.
nel 2002 addirittura il 16,col famoso sorpasso lepeniano.
Anche qui, non credo proprio che oggi la Royal,anche in virtù di una costante serie di critiche che le vengono da sinistra per il suo populismo,possa pensare di partire dal 30 e passa.
E poi c'è il FN che dall'88 a ieri non è mai sceso sotto il 15...
Quindi secondo me non è assolutamente vero che il primo turno sia scontato.
e sia Sarko che Royal rischiano. non è detto,anche se plausibile,che entrambi passeranno i lturno.
perchè c'è l'eterno LE PEN col suo 15-20%(la forbice costante dei sondaggi degli ultimi mesi,solo Figaro lo dà impovvisamente al 10 superato addirittura dall'UDF) e c'è Bayrou che insidiano l'elettorato di Sarkozy e le 5 candidature de la gauche de la gauche a insidiare Royal.
Alal fine è sicuro che uno dei due andrà all'Eliseo,ma non è sicuro per niente che ci vada al ballottaggio con l'altro e non ancora col FN.
Spero di non avervi annoiato con le mie analisi e riflessioni.
Io amo la Francia,sono legato a lei anche per motivi personali,ho molto a cuore le elezioni di aprile e maggio.
Speravo che il PS facesse una scleta diversa.Io che ho amato politicamente alal follia Mitterand e la sua stagione avrei sognato Rocard coem candidato,poi mi sarei accontentato di Strauss-Khan e mi ritrovo la Royal,anche fisicamente espressione di ciò che considero il peggio del peggio,la gauche caviar melandriana.
Per questo,oltre che per mia figlia che sta a Parigi(anche se lei farebbe volentieri a meno delle mie preoccupazioni e ha in odio Sarkò demagogicamente a prescindere come tutta la sua generazione universitaria)annuncio il mio tifo apparentemente contronatura per Sarkò.
a suffragio di ciò,vi propongo questo articolo,apparso sul Corriere giorni fa,di Andrè Gluksmann,noto filosofo di estarzione marxista,che anch'egli annuncia il suo voto per la droite.
E dopo vi propongo una presentazione di Bayrou,personaggio che non mi piace essendo un Rutelli con l'erre moscia,ma che a mio avviso ha nella sua candidatura gli elementi per scombussolare i due candidati principali,non solo Sarko ma come vedrete anche la Royal.
Mi batto per la sinistra
Per questo voto Sarkozy
È lui la Francia del cuore, quella che difende gli oppressi
di Andre’ Glucksmann
In Francia, la sorpresa delle elezioni presidenziali c’ è stata. Prima di andare a votare, i francesi vivono un mutamento mentale. I sondaggi variano, il risultato finale resta imprevedibile, ma ovunque trapela l’ atteggiamento di rifiuto espresso da un Paese immobilizzato in museo-ospedale e in preda a infezioni nosocomiali: egoismi, discriminazione, furori, depressione. Ségolène Royal e Nicolas Sarkozy hanno poche cose in comune, se non l’ età, ma entrambi hanno ottenuto un consenso unanime da una base refrattaria a inquadramenti tradizionali e a dottrine antiquate. Non si vota più per i socialisti o i gollisti, si vota per un soprassalto nazionale. A Parigi, d’ inverno, i Senza domicilio fisso, gli Sdf, soffrono il freddo da un quarto di secolo. Improvvisamente, ecco che diventano visibili, le loro tende saltano agli occhi, l’ opinione pubblica s’ intromette e il governo si dà da fare. Perché non prima? Come nel febbraio 1954, i francesi sentono che non è più il caso di dare tempo al tempo. «È bastato che un uomo agisse al di fuori degli schemi ufficiali perché i francesi si muovessero, ma c’ è voluto anche il freddo. Senza il freddo, niente abbé Pierre! Quando la Francia avrà freddo, anch’ io potrò agire» (de Gaulle). Una Francia lucida ha di nuovo «freddo», e questo è un momento che ricorda l’ epoca di de Gaulle: un momento in cui è bene osare pensare, fosse pure contro le proprie certezze, poi osare intraprendere. La battaglia delle idee è un fatto compiuto Compiuto a destra, stranamente. Il dibattito Sarkozy-Villepin illustra, più che una lite fra egocentrici, lo scontro di due modi di vedere la Francia e il mondo. Quel che è in corso è un movimento contro il conservatorismo. Sarkozy rompe chiaramente con la destra abituata a nascondere il proprio vuoto dietro grandi concetti pontificanti. Per esempio: esaltando la discriminazione positiva, che elude l’ Uguaglianza virtuale per sradicare le ineguaglianze reali, dovute al colore della pelle, al domicilio e al cognome. O ancora: teorizzando gli aiuti pubblici per la costruzione delle moschee, al fine di evitare ai fedeli della seconda religione di Francia di pregare nelle cantine o in locali offerti da ricchi integralisti. A costo di urtare una concezione rigida della laicità, ricordiamo che nel 1905 la Francia che contava decine di migliaia di campanili ignorava i minareti. La domanda è cambiata, l’ offerta è rimasta la stessa. La società si trasforma, i principi devono trasformarsi con essa. La rottura a destra abbraccia la politica internazionale non meno di quella interna. Curiosa metamorfosi del «gollismo», il feticismo conservatore coltiva il primato degli Stati, qualunque cosa facciano. Questa «realpolitik» sacrifica la nostra storia e la nostra influenza internazionale a interessi che si limitano alla vendita d’ armi e a contratti petroliferi. Alla caduta del Muro di Berlino, i nostri dirigenti storsero la bocca, poi sostennero gli alleati genocidari del Ruanda e tributarono a Vladimir Putin la Gran Croce della Legion d’ onore. Curiosa evoluzione che ha fatto della «patria dei diritti dell’ uomo» l’ apostolo degli ordini costituiti. Eppure, esisteva una Francia generosa che non dimenticava gli oppressi: i boat-people vietnamiti che fuggono dal comunismo, i sindacalisti incarcerati di Solidarnosc, le «Madri di Maggio» sotto il fascismo argentino, le algerine esposte al terrorismo, i cileni torturati, i dissidenti russi, bosniaci, kosovari, ceceni In nessun altro Paese si è parlato tanto di queste mostruosità e di queste resistenze. La possibilità di aprirsi fraternamente al mondo è nel nostro patrimonio culturale: vedi Montaigne, vedi Hugo, vedi i «French doctors» e i loro emuli. Nessuna fatalità condanna i nostri compatrioti ad essere scontenti di tutto, a vituperare gli «idraulici polacchi», a tagliarsi fuori dal mondo. Nicolas Sarkozy è l’ unico candidato, oggi, ad essersi impegnato a seguire le orme di questa Francia del cuore. Denuncia il martirio delle infermiere bulgare condannate a morte in Libia, i massacri nel Darfur e l’ assassinio dei giornalisti, poi enuncia una regola sul modo di governare ben lontana da quella di Jacques Chirac: «Non credo a quella che viene chiamata “realpolitik”, che fa rinunciare ai propri valori senza ottenere un solo contratto. Non accetto quello che accade in Cecenia, perché 250.000 ceceni morti o perseguitati non sono un dettaglio della storia del mondo. Il generale de Gaulle ha voluto la libertà per tutti i popoli e la libertà vale anche per loro Il silenzio è complice e io non voglio essere complice di alcuna dittatura» (14/1/2007). Cosa risponde la sinistra? Purtroppo ben poco. Dov’ è finita la battaglia per le idee che tanto a lungo fu il suo privilegio? Dove si è smarrito lo stendardo della solidarietà internazionale, un tempo orgoglio del socialismo francese? Non si tratta d’ incriminare una candidata che rispetto, anche se non mi va giù il modo in cui ha elevato la giustizia cinese a modello di celerità. È una candidata alle prese con un vuoto più grande di lei, che questo piaccia o meno ai commentatori e agli invidiosi che con tanta facilità fustigano i suoi metodi o la sua persona. La lezione dell’ aprile 2002 - quando il candidato socialista e primo ministro Lionel Jospin ottiene meno voti del capo dell’ estrema destra Jean-Marie Le Pen - non ha portato né a fare un bilancio né a rimettersi in questione. Ogni fazione del partito socialista ha ritenuto che il fallimento confermava le proprie inossidabili certezze. La sinistra ufficiale francese si crede moralmente infallibile e mentalmente intoccabile. Crede d’ incarnare il movimento e la repubblica. Il che era relativamente esatto fino al 1945. La sinistra aveva osato rimettersi in questione e aveva portato avanti le battaglie da cui nacque la nostra democrazia laica e sociale. Ma dopo il 1945, poiché la collaborazione con l’ occupante nazista aveva sotterrato il conformismo di destra, la sinistra di professione si è addormentata sugli allori. E disprezza le discussioni tedesche (attorno al Bad Godesberg) o inglesi (a proposito del New Labour), ignora l’ esplosione spirituale della dissidenza ad Est, se ne infischia delle rivoluzioni di velluto da Praga a Kiev e Tbilisi. Macerandosi nel proprio narcisismo, si trova ad essere assai impreparata quando Nicolas Sarkozy prende in contropiede le tradizioni della destra e invoca i ribelli e gli oppressi, il giovane resistente comunista Guy Môquet, le donne musulmane martirizzate, Simone Veil che abolisce la sofferenza degli aborti clandestini, il frate Christian assassinato in Algeria a Tibhirine e i repubblicani spagnoli. Invece di gridare all’ appropriazione d’ eredità, come ha fatto il Psf, permettetemi di rallegrarmene. Quando nel discorso del candidato di destra ritrovo Hugo, Jaurès, Mandel, Chaban, Camus, mi sento un po’ a casa mia. In una campagna presidenziale, è utile scegliere un campo quando i confronti si fanno spietati. È normale anche richiamare i candidati ai loro limiti. A condizione di non eliminare colui che si combatte cancellandolo dalla nazione, come ha fatto un deputato socialista inveendo contro il «neoconservatore americano dal passaporto francese». L’ ostracismo e la stigmatizzazione dell’ Anti-Francia sono stati a lungo appannaggio di una destra estrema. La sinistra merita qualcosa di meglio. Nel corso di una vita lunga e di mobilitazione in tante battaglie, mai mi sono schierato pubblicamente per un candidato o per un altro (salvo per Chirac contro Le Pen nel 2002). Figlio di ebrei austriaci che combatterono i nazisti in Francia, ho scelto questo Paese e la sinistra è la mia famiglia d’ origine. È per la sinistra che, da quarant’ anni, mi batto contro le sue fossilizzazioni ideologiche (sostegno a Solzenicyn, ai dissidenti antitotalitari dell’ Est, critica dei paraocchi marxisti). Per un momento ho sognato una candidatura di Bernard Kouchner (fondatore di «Medici senza Frontiere»), che restituisse alla sinistra francese la dimensione internazionale che ha perso. Ed ecco il veto di un Psf spaventato dall’ audacia di un elettrone libero. Mi sarebbe piaciuto un ticket Sarkozy-Kouchner. Prendendo posizione per il primo, perderò qualche amico. La mia decisione, frutto di antichi dolori e prospettive nuove, nasce da una riflessione. Non condivido tutte le opzioni del candidato Ump (Union pour un Mouvement populaire). Per esempio: vorrei che la regolarizzazione dei «sans papiers» fosse più ampia, fondata su criteri di umanità più rispettati. Votare non significa pronunciare i voti, ma optare per il progetto più vicino alle proprie convinzioni. L’ umanesimo del XXI secolo si astiene dall’ imporre un’ idea perfetta dell’ uomo. Come una barriera contro l’ inumano, che è in noi e attorno a noi, esso non può accontentarsi di deplorare le vittime e recensire morti ed emarginati. Rifiutando l’ indifferenza colpevole e la mania dottrinaria, l’ umanesimo si ostina - lotta ricominciata senza sosta - a «ostacolare la follia degli uomini rifiutando di lasciarsi impadronire da essa» (discorso del 14/1/2007). Il «mormorio delle anime innocenti» che Sarkozy udì a Yad Vashem gli detta questa definizione della politica. Da sempre, è questo mormorio a sorreggere la mia filosofia.
Presidenziali francesi, un «guastafeste» contro il ministro degli Interni e la candidata socialista
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI - Ci sono due star nel sistema politico-informativo francese: Nicolas Sarkozy e Ségolène Royal. Ma almeno uno dei due cadrà prima dello sprint finale, giura François Bayrou, il «terzo uomo» della campagna elettorale, come tutti lo chiamano da quando è riuscito a conquistare le prime pagine nel ruolo di guastafeste. Almeno un risultato l’ ha già ottenuto. Secondo i sondaggi, ha superato il vero «terzo incomodo» della partita, il leader del Fronte Nazionale Jean-Marie Le Pen. Ma Bayrou spera di andare oltre, innescando dinamiche elettorali che potrebbero scardinare la sceneggiatura già scritta: la «saturazione» del pubblico per il «Sarkorama» e la «Madonna socialista», l’ inclinazione dei francesi per sorprese e gli outsider, la marea di indecisi e delusi dei due campi. Cinquantasei anni, una moglie conosciuta sui banchi delle elementari, sei figli e nove nipoti, Bayrou è il presidente dell’ Udf, il piccolo partito che fu di Giscard d’ Estaing, Simone Veil e Raymond Barre. Figlio di un allevatore della Gironda, ha raccolto il 6,8 per cento alle presidenziali del 2002. I suoi modelli sono Gandhi, Churchill e Enrico IV, oltre naturalmente a De Gaulle. Undici per cento dei voti alle elezioni europee del 2004, l’ Udf incarna la tradizione liberal-democratica delle classi medie, raccoglie anche il voto cattolico e rappresenta una domanda di «centrismo» e moderazione in forte crescita fra gli scontenti del bipartitismo. «Gemellata» in Europa con la Margherita, l’ Union è storicamente alleata della destra gollista, diventando negli ultimi tempi un alleato scomodo, al punto da uscire dalla maggioranza. L’ Udf condivide valori della destra - laicità repubblicana, ruolo dello Stato, libertà economiche - ma accentua ideali di libertà civili e giustizia sociale che piacciono anche ad ambienti della sinistra moderata. Sognando l’ Eliseo, Bayrou lancia un progetto riformista, che combina risanamento delle finanze pubbliche e investimenti produttivi nel campo della ricerca, dell’ ambiente e dell’ educazione. Ha scritto un libro-manifesto, In nome del terzo stato, che vorrebbe evocare la Rivoluzione e immaginare la riscossa della borghesia produttiva oppressa dall’ «immobilismo e dal clanismo» della corte di Versailles. «La mia diagnosi sulla situazione del Paese potrebbe essere ancora più severa», ha detto, iscrivendosi al grande partito del piagnisteo sul declino della Francia e sulle sfide perdute della modernità e del cambiamento. «Siamo tornati all’ Ancien Régime, il popolo e il Parlamento sono espropriati dal potere assoluto sostenuto dalle fortezze finanziarie e mediatiche». Detto così, il messaggio riformatore di Bayrou potrebbe nuocere soprattutto alla destra e mietere consensi fra i francesi che aspettano la fine dell’ interminabile era Chirac, ma non si fidano di Sarkozy, temendo una deriva autoritaria o lo snaturamento del modello sociale francese. In realtà, Bayrou piace a sinistra, fra i riformisti che cominciano a dubitare delle doti di statista di Ségolène Royal e che sono disorientati dalle gaffes in serie della candidata socialista durante le ultime visite all’ estero. Lo conferma il quotidiano della «gauche» Libération, da qualche settimana sempre più critico e sarcastico nei confronti di Ségolène. Di fatto, anche la crescita di Bayrou potrebbe indirettamente contribuire alla vittoria di Sarkozy. Bayrou è stato abile nel denunciare il circo mediatico, il meccanismo dei sondaggi, l’ occupazione degli spazi televisivi dei due maggiori candidati, la «berlusconizzazione» della vita politica. Risultato? La ribalta per Sarkozy e la Royal, le briciole per gli altri. Di par condicio televisiva nemmeno a parlarne, come se il «bipartitismo» non fosse un modello politico, ma un «obbligo». Il terzo uomo, la sorpresa, l’ outsider è riuscito a presentarsi come un elemento di novità e di freschezza, pur essendo una vecchia conoscenza. Deputato dal 1986, è stato due volte ministro dell’ Istruzione, essendo fra l’ altro bersaglio di una delle più gigantesche manifestazioni di protesta mai viste in Francia, quella in difesa della scuola privata. La scelta di correre da solo e la speranza di diventare presidente per sottrazione, cioè per «implosione» dei due maggiori candidati, ha per ora avuto l’ effetto di dividere il partito (diversi esponenti sono passati con Sarkozy) e di creare scompiglio a sinistra. Con la prossima discesa in campo del leader paysan José Bové, la partita dell’ Eliseo risulterà ancora più complicata. Mai come questa volta, la lista dei pretendenti sarà ampia: una quarantina di iscritti al primo turno, a riprova di un elettorato frammentato e fluttuante e di un bipartitismo logorato. L’ importante è partecipare, ma l’ Eliseo non è l’ Olimpiade.
IL PROGRAMMA DEL LEADER UDF
Stabilizzare le entrate fiscali e semplificare le procedure Due principi: combattere il deficit stabilizzando il fisco, a livello sia locale che nazionale, e semplificare le procedure «incoraggiando innovazione e ricerca». La tassa sulla ricchezza? «Vogliamo un’ imposta a base larga, senza nicchie di defiscalizzazione, ma a tasso leggero».
Sì a garanzie per coppie gay «nell’ interesse dei bambini» «Il matrimonio riguarda un uomo e una donna. Le famiglie tradizionali vanno difese». La proposta politica di Bayrou prevede comunque l’ unione civile e garanzie legali «per le famiglie con genitori omosessuali, nell’ interesse dei bambini: dobbiamo tener conto delle situazioni concrete». Anche le schede bianche devono essere conteggiate «Le schede bianche non sono nulle», per Bayrou vanno piuttosto inserite nel conteggio dei voti espressi, «come bilanciamento dell’ introduzione del voto obbligatorio». Significa che i voti fino a oggi considerati nulli dovranno essere inseriti nei conteggi del primo turno delle presidenziali.
Per un’ informazione pluralista e indipendente Per Bayrou l’ attuale crisi della stampa corrisponde a un deficit di democrazia: «I cittadini hanno diritto a un’ informazione giusta, pluralista, equilibrata, indipendente dallo Stato, al riparo da concentrazioni di interessi e potere». Un vero giornale? Deve poter avere «indipendenza e originalità di sguardo».