ATTENTATO LIBANO,CHI C'E' DIETRO??

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michele405/300
00mercoledì 16 febbraio 2005 09:06
copio e incollo..

LIBANO: CUI PRODEST L'ATTENTATO AD HARIRI

_________C’è Israele dietro lo spaventoso attentato che ha ucciso l’ex primo ministro Hariri a Beirut: è la documentata opinione di Sam Hamod, ebreo americano ed esperto di questioni internazionali (1). Sharon e Bush, nota Hamod, hanno subito accusato la Siria, che sul Libano esercita da 15 anni un protettorato: ma la Siria ha solo da perdere da una nuova destabilizzazione del Paese vicino. L’effervescente economia del Libano è infatti un’occasione di affari e prosperità anche per la Siria. La propaganda Usa, attraverso i media controllati, ha presentato Hariri come un oppositore della Siria: ma al contrario Hariri fu scelto dai siriani a guidare il Libano occupato. Invece è Israele che ha storicamente desiderato il caos in Libano: ne occupò militarmente il Sud, nel 1980, e ne fu cacciato dalla incessante guerriglia degli Hezbollah. Oggi è ancora Israele ad avere interesse ad espellere dal Paese dei cedri la Siria. E la Casa Bianca sta facendo pressioni da anni perché il Libano dichiari fuorilegge l’Hezbollah, che là è un partito politico legale.
L’attentato è stato rivendicato da un gruppo “islamico” mai prima sentito, e probabilmente inesistente; mentre la pianificazione mega-terroristica dell’attentato, e l’enorme quantità di esplosivo usata, fa pensare “al lavoro di un servizio segreto, non di un gruppuscolo”, come dice Rime Allaif, analista al Royal Institute of International Affairs di Londra. I presunti “terroristi” dell’Hezbollah hanno invece condannato l’attentato. In questo momento la maggior parte dei libanesi, memori dell’occupazione israeliana, considerano quella siriana una sorta di sicurezza. Quanto ad Hariri, anche i suoi avversari politici lo stimavano. Le diffidenze di 15 anni fa (quando Hariri, miliardario che aveva fatto affari coi sauditi, fu “scelto” dai siriani come primo premier collaborazionista) sono col tempo svanite. Oggi tutti riconoscevano all’uomo il merito di aver riportato il Libano alla prosperità, e di aver saputo mantenere, nella difficile condizione pluri-culturale libanese, la separazione fra Stato e religione.
Aggiunge Sam Hamod: “Sharon ha allestito un gruppo speciale per ‘operazioni nere’ con il compito di uccidere chiunque , in qualunque parte del mondo, in spregio al diritto internazionale. In Irak questi specialisti sono creduti responsabili di una quantità di omicidi mirati (docenti universitari, classe dirigente) e sequestri di persona intimidatori (la giornalista Sgrena?) o intesi a perpetuare il caos e a impedire la ripresa del Paese”.

C’è di più. Va ricordato che quando Andreotti rivelò l’esistenza di “Gladio”, l’organizzazione clandestina della Nato, divenne chiaro che tali organizzazioni segrete americane erano attive nei più diversi Paesi, “amici” o no degli Usa. Fu reso noto allora anche il “manuale” dei guerrieri stay-behind. Un passo di questo testo (Field Manual 30-31B) recita: “quando i rivoluzionari [ossia le forze di sinistra extraparlamentare di un determinato Paese, ndr.] rinunciano temporaneamente all’uso della violenza…l’intelligence militare Usa deve avere i mezzi di lanciare operazioni speciali capaci di convincere il governo del Paese e la sua opinione pubblica della realtà del pericolo eversivo…”. Insomma, l’antiterrorismo Usa deve creare terroristi e compiere atti di terrorismo per giustificare se stesso (2).

Maurizio Blondet
Fonte:www.effedieffe.it
15.02.05

Note

1)Sam Hamod, “Israel and/or America implicated in killing of Rafik Hariri”, sul sito “Informationclearinghouse”, 14 febbraio 2005.
2)Lila Rajiva, “The Pentagon’s Nato option”, sul sito CommonDreams, 10 febbraio 2005.
TheSandman
00mercoledì 16 febbraio 2005 11:30
Non conosco abbastanza la situazione libanese per poter confermare quanto hai riportato, ma mi sembra abbastanza plausibile... e inquietante...
Slobodan
00venerdì 18 febbraio 2005 11:08

Maurizio Molinari
corrispondente da NEW YORK

«LE elezioni politiche di primavera in Libano possono trasformarsi in un referendum sulla presenza siriana». Di fronte alle immagini dell'imponente partecipazione ai funerali di Hariri a Beirut è questa la previsione che avanza Juan Cole, arabista di punta dell'Università del Michigan e fra i maggiori conoscitori del Libano negli Stati Uniti.


Quali le ripercussioni politiche della morte di Hariri?

«Può avere un impatto notevole perché l'opposizione al presidente Lahoud accusa i siriani di essere i mandanti dell'attentato. Quando Hariri si dimise da premier lo scorso anno lo fece per opporsi alla decisione siriana di emendare la Costituzione per rinnovare il mandato a Lahoud. Il rifiuto dell'emendamento e la difesa della Costituzione originale diventa un tutt'uno con la richiesta ai siriani di andarsene. La battaglia politica adesso può farsi dura. E' possibile che la coalizione anti-siriana guadagni coesione da quanto avvenuto, grazie anche all'emozione popolare, seguita all'assassinio, di cui abbiamo avuto prova durante i funerali di Hariri e che ha portato anche a moti antisiriani a Beirut. Sul fronte opposto i fedelissimi di Lahoud possono però contare sul sostegno delle élites, timorose che il ritiro siriano possa gettare il Paese nel caos. La tensione fra i due fronti può portare allo scontro».

Le elezioni legislative in programma in primavra possono trasformarsi in un referendum sul ritiro siriano?

«Credo di sì, la mia impressione è che l'errore decisivo è stato compiuto dai siriani nell'obbligare il Libano ad emendare la Costituzione. Ciò ha creato sospetto e irritazione nella popolazione. Tornare indietro per Damasco si profila molto difficile. l'illegittimità dell'attuale presidente alimenta scontento».

Nella partita con Damasco quanto conta il sostegno di Washington e Parigi alla coalizione anti-siriana?

«Bush e Chirac lavorano assieme in Libano contro Assad. Ciò crea un'atmosfera internazionale favorevole all'opposizione, anche perché il legame con la Francia continua a essere molto sentito dall'opinione pubblica locale».

Sono due le piste finora ipotizzate per l'attentato: gruppi legati ad Al Qaeda o i siriani. Quale è la più probabile?

«Tendo ad essere scettico sulla responsabilità siriana. Damasco ha un'influenza davvero potente nel Paese dei Cedri. Pensare che abbia avuto bisogno di un omicidio per tutelare i propri interessi in qualche misura sorprende. Al Qaeda d'altra parte era notoriamente ostile ad Hariri a causa dei suoi legami con i sauditi. Non sono stati rari nel passato recente episodi di aggressione contro cittadini libanesi in Arabia Saudita e in Iraq da parte di gruppi fondamentalisti legati ad Al Qaeda. C'è però anche una terza possibilità: una tale quantità di esplosivo e la logistica necessaria per l'attentato implicano una struttura operativa simile a quella di cui dispongono imponenti gruppi criminali come la mafia russa, che potrebbe essere entrata in collissione con gli interessi economici di Hariri. Damasco per ora si è limitata ad accusare Israele, facendo leva su teorie cospirative comuni in Medio Oriente, ma per sapere cosa davvero è avvenuto bisognerà attendere l'esito dell'inchiesta. Non credo che mancheranno prove sul luogo del delitto».

E' possibile a suo avviso una composizione politica della crisi, ovvero che Damasco accetti di ritirare le truppe sotto pressione dei libanesi e della Comunità internazionale?

«La Siria ha già ritirato parte delle truppe. I soldati hanno lasciato Beirut, si sono ritirati nelle campagne e il loro numero è sceso a 14 mila. Non possiamo escludere che attraverso negoziati Damasco porti a termine il ritiro, chiedendo in cambio garanzie sugli scambi con il Libano».
Slobodan
00mercoledì 14 dicembre 2005 16:31
Non c'è pace tra i cedri

BEIRUT - Un nuovo attentato diretto contro politici anti-siriani si è verificato questa mattina a Beirut, capitale del Libano. Una potente esplosione causata da un'autobomba ha scosso l'area orientale della città. Almeno quattro i morti, numerosi i feriti. Secondo fonti della polizia libanese, l'esplosione è stata provocata da un'autobomba.
Tra le vittime c'è anche il deputato cristiano antisiriano Gebran Tueni. Il fuoristrada blindato a bordo del quale viaggiava è stato catapultato in una scarpata dalla potenza dell'esplosione dell'autobomba, fatta detonare intorno alle 9 locali al suo passaggio nella zona industriale di Mkelles, alla periferia est di Beirut. Il deputato antisiriano - eletto nella lista di Saad Hariri, figlio dell'ex premier Rafik Hariri a sua volta assassinato in un attentato il 14 febbraio - si stava recando nel centro di Beirut alla redazione del quotidiano An-Nahar, di cui era proprietario ed editore. Tueni, 52 anni, un cristiano greco-ortodosso, era rientrato in Libano solo da poche settimane, dopo aver trascorso alcuni mesi a Parigi in seguito a minacce di morte che aveva ricevuto assieme ad altri esponenti politici della nuova maggioranza parlamentare antisiriana, compreso Saad Hariri, che si trova ancora all'estero.
Il leader druso libanese Walid Jumblatt ha accusato la Siria per l'attentato. Lo ha riferito la Tv libanese Lbc. «Il presidente siriano - ha dichiarato Jumblatt - ha detto che imporre sanzioni alla Siria destabilizzerà la regione e ora vediamo che questa destabilizzazione è cominciata». «È un nuovo messaggio terroristico, come quelli che hanno ucciso Rafik Hariri, Samir Kassir e George Hawi», ha proseguito Jumblatt, riferendosi alla catena di attentati cominciata il 14 febbraio scorso con l'esplosione costata la vita all'ex premier libanese.
Secondo fonti locali, tra i bersagli dell'attentato potevano esserci anche i componenti della squadra di investigatori Onu che indagano sull'assassinio dell'ex premier libanese Rafic Hariri. In nottata il capo degli investigatori Onu, Detlev Mehlis, ha presentato al segretario generale Kofi Annan un rapporto con le ultime conclusioni delle indagini.
Lo scoppio, che si è sentito in tutta la capitale, è avvenuto nell'area industriale di Mkalles, quartiere periferico orientale, a pochi chilometri di distanza dal quartier generale della commissione delle Nazioni unite. Negli ultimi mesi si sono verificate nel Libano diverse esplosioni contro bersagli antisiriani.
Il rapporto sull'omicidio di Hariri verrà discusso martedì dal Consiglio di sicurezza. In un precedente rapporto, consegnato in ottobre, Mehlis aveva messo sott'accusa i servizi di sicurezza siriani e libanesi per l'attentato di San Valentino, quando una devastante esplosione sul lungomare di Beirut era costata la vita all'ex premier libanese Hariri e altre 22 persone. Il rapporto chiede l'arresto dell'ex capo dei servizi segreti Rustom Ghazali e di altri quattro alti funzionari siriani sospettati di essere implicati nell'uccisione di Hariri. I cinque sono stati ascoltati nei giorni scorsi a Vienna dagli inquirenti dell'Onu.
Cinque ministri sciiti filosiriani e un alleato del presidente hanno annunciato stasera la sospensione della loro partecipazione ai lavori del governo del premier Fuad Siniora dopo che questo ha chiesto che l'Onu indaghi sulla serie di assassinii cominciati con l'attentato contro l'ex primo ministro Rafik Hariri.
13 dicembre 2005
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