“No” del Brasile alla messa al bando del commercio delle armi

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Sabin@
00lunedì 24 ottobre 2005 18:30

ROMA – "Il commercio di armi da fuoco dovrà essere proibito in Brasile?". I cittadini brasiliani hanno detto “no”

Il 64 per cento degli aventi diritto ha votato “no” nel primo referendum della storia del Brasile, contro il 36 per cento dei “sì”. Astenuti il 21 per cento dei brasiliani, sebbene il voto fosse obbligatorio. L’indicazione di voto suggerita dalla scelta del Presidente Lula di votare “si” non ha fatto presa. “Questa è una questione controversa - ha commentato Lula dopo aver votato - Se un comune cittadino non sa come maneggiare un'arma, sarebbe meglio che non l'avesse”.

Il “no” ha vinto in tutti i 27 Stati del Brasile. Ma con delle differenze, in alcuni casi particolarmente marcate. Il voto contro la proibizione al commercio ha avuto il picco dell'86 per cento nel Rio Grande do Sul. In Pernambuco e Cearà il “no” ha ottenuto circa il 54 per cento.

Negli Stati in cui il problema della violenza è più grave i risultati sono simili: in quello di San Paolo hanno votato “no” il 59 per cento dei cittadini, in quello di Rio de Janeiro, il 62 per cento.

Tutto era cominciato alla fine del 2003, quando il Congresso brasiliano varò una legge sul disarmo (Statuto del disarmo). La legge proibisce ai civili di portare armi in pubblico, impone forti restrizioni per il loro possesso e dispone che quelle fabbricate in Brasile abbiano un marchio di identificazione.

L’articolo 35 in particolare stabilisce il divieto della vendita di armi e munizioni in tutto il Paese. Articolo che necessitava tuttavia della ratifica del voto popolare per entrare in vigore.

Ratifica che non c’è stata. Se avesse vinto il “si” soltanto poliziotti, militari e guardie di sicurezza avrebbero avuto il diritto di detenere armi, oltre a collezionisti, cacciatori, tiratori agonisti e chiunque dimostrasse di avere bisogno di una pistola per la propria protezione.

Secondo attivisti di Ong, il risultato del voto potrebbe influenzare la politica degli armamenti anche di Paesi vicini come Perù, Cile e Uruguay, finendo con l’assumere un peso decisivo per tutta l’America Latina. (Inform)

(Inform)

=la cosa=
00lunedì 24 ottobre 2005 21:16
Il vero problema in quella zona del mondo sono le cosiddette "forze dell'ordine". Sono proprio loro - quasi tutti i componenti, provenienti direttamente dalle favelas - che usano le armi impropriamente. La "sete di giustizia" li porta ad ammazzare senza remore i propri consimili e vicini di casa. Gli squadroni della morte fanno fuori centinaia di meninos da rua (ragazzini di strada) ogni giorno. Vengono pagati anche dai commercianti.
Se ti trovi davanti un poliziotto (probabilmente ubriaco) con la pistola in mano che ti punta alla testa, devi fare il finto tonto. Ce l'hanno pure, ovviamente, con il piccolo borghese che è stato un po' più "fortunato" di loro (ne ammazzano un bel po' all'uscita delle discoteche o in manifestazioni studentesche). Organizzano sequestri di persona, rapine in banca, incaprettamento di gente grande che vive da sola per rubare i pochi soldi che hanno sotto il materazzo. Sono "guidati" da interessi che, oramai in tutto il continente, sono fortemente legati al traffico di cocaina. Ho visto in aeroporti sudamericani gente de las favelas prendere un boing e fare viaggi a tutto spiano. Cosa che manco io posso permettermi, ovviamente. Ma i governi e/o partiti fanno finta di non vedere perché, anche se analfabeti, una croce sulla scheda elettorale di un partito giustizialista la mettono sempre. Le case, oramai, hanno tutte le inferriate. Sembre di vivere in uno zoo cittadino. Hanno tutti una paura terrificante. E' chiaro che sulla questione ho molto discusso con la gente cosiddetta "per bene". Ho ricordato loro che, quando l'economia andava bene, la borghesia NON HA VOLUTO dividere il benessere con la gente de las favelas. Un egoismo che ora si paga a caro prezzo.
Nessuno ha aperto bocca per contraddirmi. Abbassavano lo sguardo, meditando sugli anni in cui era possibile vivere, lavorare e avere una macchina (cosa rara, ma che pur è accaduta in certi periodi)
Se si pensa alla storia del SudAfrica, ci sono strabilianti parallelismi: la popolazione locale è stata sempre maltrattata dalla borghesia "bianca" con la differenza che, in SudAfrica, si trattava di conquistatori (olandesi, tedeschi e inglesi), in Sud America si tratta di gente che è entrata dalla porta del lavoro e del commercio. Ma l'odio, resta lo stesso; il gap, insormontabile e gli u.s.a. a farla da padroni con lo sfruttamento delle risorse che sono davvero enormi. I locali, i soliti locali, poi, aprono agli yankees le porte della percezione senza remore. Hanno i loro proffitti, comunque. In paesi con un centinaio di milioni di abitanti, comandano circa 5.000 famiglie. E fanno quello che vogliono. Guadagnano tanti di quei soldi che, gli Agnelli, sono dei poveracci. Non reinvestono nel loro paese i proventi delle esportazioni; i soldi sono in Svizzera. Non ritornano mai e, se qualcuno ha provato a cambiare le cose, beh, è sparito dalla terra in un baleno.

saludos
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