Come penso avrete sentito la Corte costituzionale ha bocciato il lodo Alfano, l’ennesima legge fatta ad personam, giudicandola incostituzionale.
In seguito il PdL cioè Berlusconi, ha dato ordine ai “colonnelli” di gettarsi a capo fitto contro la Corte, accusandola di incoerenza rispetto alla precedente sentenza, che aveva ugualmente dichiarato incostituzionale il lodo Schifani (del 2003) , e parlando di “sentenza politica” , usando a questo scopo il potere mediatico senza che i giudici possano dire la loro.
Intanto diciamo subito, per chi ancora non lo sapesse, cosa sono questi lodi: si tratta di leggi che sospendono eventuali processi penali a carico delle quattro più alte cariche dello stato (nel lodo Schifani erano cinque, comprendendo esso anche il Presidente della Corte costituzionale) quali, il Presidente della Repubblica, i presidenti delle camere, il presidente del consiglio, con il pretesto che l’interesse pubblico del governare e gli affari istituzionali non devono essere turbati da processi penali.
Se non sbaglio il PdL lamenta che la Corte non aveva, nella precedente sentenza che annullava il lodo Schifani, rilevato la violazione degli articoli 3 e 138 della costituzione, mentre questa volta si, ciò sarebbe, sempre secondo il pdl, indice che la Corte è un organo politico.
Così mi sono chiesto:
che cosa diceva la precedente sentenza sul lodo Schifani?
Sono andato subito a leggermela, è la sentenza n. 24 del 20 gennaio 2004, e vi riporto i punti essenziali, sono appena tre punticini, così ognuno giudica con la propria testa (anche non essendo degli addetti al settore si può almeno intuire cosa dice)
“6.- Da quanto detto emerge anzitutto che la misura predisposta dalla normativa censurata crea un regime differenziato riguardo all'esercizio della giurisdizione, in particolare di quella penale.
La constatazione di tale differenziazione non conduce di per sé all'affermazione del contrasto della norma con l'art. 3 della Costituzione. Il principio di eguaglianza comporta infatti che, se situazioni eguali esigono eguale disciplina, situazioni diverse possono implicare differenti normative. In tale seconda ipotesi, tuttavia, ha decisivo rilievo il livello che l'ordinamento attribuisce ai valori rispetto ai quali la connotazione di diversità può venire in considerazione.
Nel caso in esame sono fondamentali i valori rispetto ai quali il legislatore ha ritenuto prevalente l'esigenza di protezione della serenità dello svolgimento delle attività connesse alle cariche in questione.
Alle origini della formazione dello Stato di diritto sta il principio della parità di trattamento rispetto alla giurisdizione, il cui esercizio, nel nostro ordinamento, sotto più profili è regolato da precetti costituzionali.
L'automatismo generalizzato della sospensione incide, menomandolo, sul diritto di difesa dell'imputato, al quale è posta l'alternativa tra continuare a svolgere l'alto incarico sotto il peso di un'imputazione che, in ipotesi, può concernere anche reati gravi e particolarmente infamanti, oppure dimettersi dalla carica ricoperta al fine di ottenere, con la continuazione del processo, l'accertamento giudiziale che egli può ritenere a sé favorevole, rinunciando al godimento di un diritto costituzionalmente garantito (art. 51 Cost.). Ed è appena il caso di osservare che, in considerazione dell'interesse generale sotteso alle questioni di legittimità costituzionale, è ininfluente l'atteggiamento difensivo assunto dall'imputato nella concretezza del giudizio.
Sacrificato è altresì il diritto della parte civile la quale, anche ammessa la possibilità di trasferimento dell'azione in sede civile, deve soggiacere alla sospensione prevista dal comma 3 dell'art. 75 del codice di procedura penale.
7.- Si è affermato, per sostenere la legittimità costituzionale della legge, che nessun diritto è definitivamente sacrificato, nessun principio costituzionale è per sempre negletto.
La tesi non può essere accolta.
All'effettività dell'esercizio della giurisdizione non sono indifferenti i tempi del processo. Ancor prima che fosse espressamente sancito in Costituzione il principio della sua ragionevole durata (art. 111, secondo comma), questa Corte aveva ritenuto che una stasi del processo per un tempo indefinito e indeterminabile vulnerasse il diritto di azione e di difesa (sentenza n. 354 del 1996) e che la possibilità di reiterate sospensioni ledesse il bene costituzionale dell'efficienza del processo (sentenza n. 353 del 1996).
8.- La Corte ritiene che anche sotto altro profilo l'art. 3 Cost. sia violato dalla norma censurata.
Questa, infatti, accomuna in unica disciplina cariche diverse non soltanto per le fonti di investitura, ma anche per la natura delle funzioni e distingue, per la prima volta sotto il profilo della parità riguardo ai principi fondamentali della giurisdizione, i Presidenti delle Camere, del Consiglio dei ministri e della Corte costituzionale rispetto agli altri componenti degli organi da loro presieduti. Né vale invocare, come precedente e termine di comparazione, l'art. 205 cod.proc.pen. il quale disciplina un aspetto secondario dell'esercizio della giurisdizione, ossia i luoghi in cui i titolari delle cinque più alte cariche dello Stato possono essere ascoltati come testimoni.
Non è superfluo soggiungere che, mentre vengono fatti salvi gli artt. 90 e 96 Cost., nulla viene detto a proposito del secondo comma dell'art. 3 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, che ha esteso a tutti i giudici della Corte costituzionale il godimento dell'immunità accordata nel secondo comma dell'art. 68 Cost. ai membri delle due Camere. Ne consegue che si riscontrano nella norma impugnata anche gravi elementi di intrinseca irragionevolezza.
La questione è pertanto fondata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.
Resta assorbito ogni altro profilo di illegittimità costituzionale.”
Secondo me il tono “docile”, quasi accondiscendente, di questa sentenza non deve ingannare: è comunque una stroncatura, anche se non così netta, del lodo Schifani, nel quale, un solo articolo di legge si poneva in contrasto e violava contemporaneamente più articoli della costituzione: dalla sentenza si evince che venivano violati, almeno, due articoli della costituzione: l’articolo 24, e più volte l’articolo 3.
Il fatto che il pdl sostenga di aver cambiato il lodo Schifani mettendolo col lodo Alfano in forma adeguata a quanto aveva detto la Corte costituzionale è, secondo me, superficialità: anche se hanno introdotto alcune modifiche come la possibilità di rinunciare alla sospensione del processo per l’interessato (il ché è da vedere se si traduce automaticamente in una non violazione del diritto di difesa) , resterebbero le violazioni della costituzione nell’allungamento indebito del processo con una sospensione non funzionale al processo stesso, il ché danneggia evidentemente le altri parti coinvolte nel processo, nonché il processo stesso, e anche qui è da vedere se limitando la sospensione dei processi ad un solo mandato (come è nel lodo Alfano, mentre in quello Schifani la sospensione poteva andare avanti finchè venissero rieletti), è sufficiente per non violare la costituzione: se anche non venisse più violato il 24 potrebbe essere violato l’art 111 che parla di durata ragionevole del processo.
Ma, soprattutto, anche ammettendo che la Corte costituzionale sia voluta “venire incontro” al governo giudicando sufficienti le modifiche contenute nel lodo Alfano per non violare il diritto di difesa, azione, e l’efficienza del processo,
resta la questione cruciale del punto 8 della precedente sentenza in cui la Corte contestava, intanto l’aver accomunato le cinque cariche più alte dello stato, giudicando tale accostamento privo di corrispondenza in ambito giuridico, e quindi arbitrario, e poi l’aver escluso dal beneficio (della sospensione dei processi) i membri di cui quelle cinque cariche sono presidenti, cioè i membri della camera, del senato, e del governo (e della Corte costituzionale nel lodo Schifani), ai quali, evidentemente, secondo la corte andava esteso il privilegio concesso ai di loro presidenti, consistente nel sospendere i processi penali, altrimenti veniva violato l’art 3 cost. xchè quelle 4-5 cariche venivano poste in un piano superiore rispetto agli altri membri.
Quindi, per rendere il lodo Alfano in armonia a quanto già aveva detto la Corte costituzionale nella precedente sentenza,
occorreva, tanto per cominciare, estendere il beneficio della sospensione dei processi anche ai deputati, ai senatori, ai ministri (e forse ai membri della Corte costituzionale). E dubito che ciò fosse lecito con una legge ordinaria. Soltanto dopo potevano sperare che la Corte giudicasse sufficienti le modifiche nel lodo Alfano per non incorrere nuovamente in questioni incostituzionali.
Ma questo il governo non l’ha fatto, eppure è stata molto chiara la Corte nella precedente sentenza: è nero su bianco, basta leggere.
Se poi il pdl non sa leggere le sentenze, non è certo colpa della Corte costituzionale,
o forse Berlusconi voleva che la Corte gli dicesse in una sentenza come aggirare legalmente la costituzione per i suoi comodi ?
Va poi detto che anche facendo una legge costituzionale, non è assolutamente detto che questa sia legale, perché se approvata a maggioranza, oltre al referendum, dovrebbe essere sottoposta al giudizio della Corte e se questa ritiene che tale legge costituzionale sia in contrasto con articoli che rimandano all’articolo 3 sull’uguaglianza, o altri importanti, la cassano. Farebbero dunque prima a rimettere l’immunità parlamentare, c’è solo da spiegare al popolo che per salvare Berlusconi dai processi bisogna rimettere l’immunità parlamentare….
A questo punto qualcuno mi dirà: “ma pensi davvero che il pdl non avesse eminenti costituzionalisti che gli hanno detto come stavano le cose?” No, non lo penso.
E allora?
Allora la domanda che dobbiamo porci è:
perché, se il pdl sostiene di essere in buona fede, non hanno ripresentato il lodo Schifani modificato a lodo Alfano nel corso, se non del 2004, del 2005? Avevano tutto il tempo per modificare e ripresentare la legge allora.
Perché, evidentemente, sapevano benissimo che anche se modificato il lodo Alfano continuava ad essere incostituzionale, a meno di estendere a tutti i parlamentari, ministri (e forse quelli della Corte costituzionale) la sospensione, e probabilmente la Corte glielo avrebbe nuovamente annullato.
Così Berlusconi si è tenuto “l’asso nella manica” del lodo Alfano da giocare quando ne avrebbe avuto la necessità (un processo spinoso a suo carico) in modo che intanto lui usciva dal processo guadagnando tempo,
se poi la Corte glielo avesse annullato, come è successo, le avrebbe sguinzagliato contro i “dobermann” del pdl che sarebbero corsi ad abbaiare in tv e sulla stampa che la Corte non è imparziale, che è una sentenza politica ecc. , nel chiaro tentativo di delegittimarla, dando ad intendere al popolo che comunque è tutta politica, che non esistono luoghi di garanzia, e quindi tanto vale riformare i metodi elettivi della Corte e, perché no, magari anche il CSM.
Ma non è vero, la Corte ha giudicato in punto di diritto, sono convinto che si è rifatta alla precedente sentenze sul lodo Schifani, naturalmente, essendo stato modificato possono venire a galla altri elementi di incostituzionalità che nella precedente sentenza erano "assorbiti" nella violazione degli art 24 e 3
Occorre smascherare questi squallidi attacchi alla democrazia e alla costituzione italiana
, da parte del cervello da dittatorucolo sudamericano.
La democrazia è in pericolo
, bisognerebbe fermare questo matto...
"I padroni del governo degli Stati Uniti sono i capitalisti e gli industriali del paese"
"nella nuova america [...] la maggior parte degli uomini è schiava delle imprese"
Woodrow Wilson, ex-presidente USA
(citazioni prese da "Stati falliti" di Noam Chomsky)